un'idea di: Marco Salicini
Non è la prima volta che capita di disperdermi tra le frazioni di provincia e restare esterrefatto da tavole di grandi livelli, inserite nel silenzio più totale, tra baretti da borghetto, chiesette e parchi deserti. Parla eccome la cucina di Rino Duca, che senza voler infangare o tralasciare la località di Ravarino, rientra nelle circostanze sopracitate. L’Osteria Grano di Pepe rappresenta un orgoglio per una cucina meravigliosa come quella palermitana, spesso raffazzonata, unta e appesantita stuprando gli incredibili ingredienti che ne animano la tradizione. A discapito degli stereotipi che possano accomunare piatti per natura popolari, non ci troviamo nella classica “osteria di mare” tra luci cupe e una predominanza totale di legno scuro. La sala da venti coperti del Grano di Pepe è il risultato di un pensiero architettonico avanguardistico, contemporaneo, dall’appeal voluttuosamente esterofilo. Minimalismo ed essenzialità, libri a tema e qualche bella bottiglia sugli scaffali rigorosamente ordinati e strutturati e una pietra di mare su cui vengono ricambiate le stilosissime posate. Ordine, un’altra parola chiave che rimbomba nell’impiattamento e nel giovane servizio, educato, promettente e volenteroso con margini di miglioramento dovuti alla carta d’identità.
Passano gli anni ma le letture del menù rimangono più o meno le stesse (asseconda perennemente le stagioni, la selezione del pescato) : una scelta che condivido appieno soprattutto quando orientandomi nel territorio, riconosco che tanto spessore e tanta autenticità palermitana non affiora nemmeno lontanamente. Allo stesso tempo vanno e vengono piatti vincenti che durante la nostra visita, ad esempio, non rintracciamo più : come l’involtino alla palermitana, la pasta con le sarde o il timballo del gattopardo. Elettrizzante lo stupore emanato dai particolari, dalle coccole strepitose, come lo sfincione nel cestino del pane, pane pizza con salsa di pomodoro, cipolla, acciughe, origano e caciocavallo, piatto da strada che espande la sua goduria ad ogni morso famelico. Il sandwich con le panelle estrae doglie di oleosità ( Duca svolge un’attenta e rigorosa selezione sugli oli, in generale) che assalgono le papille in un mantra estasiante, edulcorato dalla dolcezza del sorbetto al campari (buonissimo). La premessa evocativa resta fedele nel nostro cammino degustativo, lasciandoci trasportare da un’ondata di immediatezza , trattata con tecnica, predisposizione ed efficacia dalla mano dello chef perennemente in grado di esprimere e comunicare i suoi perché senza dover mai rischiare di salire su un filo sospeso e sfidare l’equilibrio.
E’ così nel crudo di gamberi rossi di Mazara con piccola catalana in cui si rintraccia l’incontro di consistenze croccanti delle verdure (dell’orto) e della carnosità del carapace, tinto nella dolcezza imponente del pistacchio ed è un colpo d’occhio artificioso il risultato finale del piatto che diventa una tavolozza di colori. Consistenza, leggerezza, artigianalità, pulizia e sollievo nello spaghettone alla cannocchia con limone e pistacchi; contamina puramente il profumo agrumato del mandarino nello spaghetto al nero di seppia, un viaggio extrasensoriale che impegna contemporaneamente il gusto, l’olfatto e la memoria. Ulteriori “pensieri” dal menù : la zuppa da Palermo a Marsiglia, il pollo di bresse arrosto all’alloro e senape, la cullen skink (zuppa scozzese)e la parmigiana di melanzane.
Quant’è importante anche se non fondamentale, rilevare quel surplus nei dolci, ultimo attimo di tenerezza e attesa e mi soffermerò a lungo a ripensare alla granita di mandorla con la brioscia, un sorpasso clamoroso a molteplici pasticcerie siciliane ultradecantate (e lo posso affermare con tranquillità, fresco di una vacanza tra le preziosità isolane). La temperatura giusta, l’equilibrio tra dolcezza, cremosità e ghiacciata a farcire la morbidezza persuasiva nei soffici affondi da capogiro della calda focaccia – freschezza – qualità nell’impasto e nella lievitazione – grandiosa bontà.
Nel cannolo con sorbetto al pistacchio decisa e convincente fragranza e robustezza della pasta, eccede a tratti di sapidità, la ricotta durante la masticazione. Attenta, solare e pacata l’accoglienza del cuoco ai tavoli dei commensali; la cantina, interessante e minuziosa, propone letture di qualità soprattutto in Sicilia, promuovendo vini biologici. Degustazioni a 50, 65 e 90 euro, il conto è assolutamente onesto.
Osteria Il Grano di Pepe
Via Roma 178/a, Ravarino (MO)
059905529