Sei qui: Gourmettoria L'evoluzione del bistrot di Bruno Barbieri a tre anni dall'apertura | Fourghetti
un'idea di: Marco Salicini
Sono qui a raccontarvi come si vive e condivide il fattore experience ( cucina, sala, servizio, atmosfera) del Fourghetti nel 2019 a quasi tre anni dall’apertura. Un preambolo doveroso che mi sento di dover introdurre, visto che è la prima volta che ne parlo ( non la prima in cui ci mangio, anche se mi intrufolai nel momento clou dello switch trasversale ) è che il bolognese a tavola oggi non è una razza facile. Dinanzi ad un’apertura senza eguali per i rumors mediatici, giunta in parallelo al boom televisivo del food e di Masterchef, il felsineo in gran parte ha spifferato voci di corridoio da “paesone”, affidandosi ai feedback dell’amico avvocato o del cugino del notaio, a loro volta probabilmente parenti di chi spettegolava del Diana senza averci mai messo piede. Fonti che rimangono misteriose o che provengono solamente da uno sbigottimento inalberato da chi si stupisce se un piatto di tortellini costa di più della trattoria preferita che frequenta ogni sabato da almeno quindici anni, senza essersi mai preoccupato di testare cosa ci fosse al di là. Ironia? Fino a un certo punto.
Overture : giardiniera, carpaccio di tonno rosso, piadina e pancetta della Macelleria Ferretti
Sono tre i fattori che voglio incentivare. Il Fourghetti è un bistrot elegante (e locanda con cinque camere moderne), dal look cosmopolita e informale, all’altezza di un target internazionale con un banco bar (il Bar Bieri) senza eguali su cui si pranza e si cena comodamente d’innanzi a una vasta e prelibata bottigliera di grandi distillati, tra statue, marmi, quadri e oggetti di lusso, sarcasmo e stravaganza. Un vero bistrot che ha ispirato, in seguito, tanti fac-simile ostentati in ridondanza. Il patron Bruno Barbieri, che oltre ad essersi rivelato un ambassador della cucina sotto i riflettori, conquistando una marea insormontabile di telespettatori, è prima di tutto un cuoco da sette Stelle Michelin che dalla Locanda Solarola di Castel Guelfo, al Trigabolo di Argenta, fino all’Arquade di San Pietro in Cariano e le successive esperienze all’estero ha applicato ancor più carisma, d'innanzi ai fornelli. Terzo aspetto : il Fourghetti oggi lavora e con quasi 70 coperti, spesso fa il pienone. Educato, preparatissimo, giovane e sorridente il servizio in sala, entusiasmante la carta dei vini studiata dalla sommelier Lisa Foletti, autrice di un parterre enoico brillante ( quanti produttori bravi) a prezzi sorprendentemente competitivi.
Cestino del pane, capesante arrostite su parmigiana di melanzane, pasta patate e provola affumicata con crudo di gamberi
Non è un caso se dall’avvio del ristorante di Barbieri, l’unico sopravvissuto sia Erik Lavacchielli, giovane chef dal sorrisone hollywoodiano, dall’animo buono ma dalle spalle tanto larghe che gli hanno permesso di performare un background scintillante (dalla cucina di Locatelli, all’Alice a Milano, prima delle esperienze in Spagna e a Londra con Barbieri stesso) e una versatilità self-control performante su tutte le voci del menù, pasticceria compresa (attualmente affidata a Laura Bonoli). Mare, terra, innovazione, attrazioni esterofile delineano dishes movimentate, delineate da un regime autoritario sensibilissimo nel connubio complessivo del contenuto, marcando con forza e opulenza la struttura e puntando su una materia prima ben mirata e scibile al palato collettivo. L’overture introduttiva con tonno rosso, cipolla di tropea e riso basmati, la giardiniera del Fourghetti, il trancio di piadina tostata con pancetta della fedelissima Macelleria Ferretti. Nei primi piatti che assaporo passa in secondo piano il ruolo del pesce : la parmigiana di melanzane è una goduria, cotta benissimo con apparati filanti di mozzarella di bufala e l'acidità del pomodoro pienamente ritemprante, quasi balsamica su cui lo spiedo di capasanta arrostita (ben cotta sia chiaro) non provoca riossigenanti vampate di iodio. Analogo il discorso per la tartare di gamberi rossi, mazzancolle e sale affumicato sovrastata dalla gustosità verace e pienamente atavica della pasta mista mantecata nel patchwork libidinoso di patate e provola. Tratti erculei, sostenitori della percettibile natività di molti sapori.
carciofi con animelle di vitello e doratine di formaggio, tortellone di ricotta cipolla al bbq guanciale e amatriciana, rollé di scorfano e scampi
Gioiosa sintonia sartoriale nella tazza di carciofi ripassati al pancotto con animelle di vitello, provocanti doratine di formaggio e olio tiepido alle acciughe (l’unicum che s’imbocca con ingordigia), tesa e ben cotta la consistenza delle paste chiuse opera delle affidabilissimi sfogline : il tortellone di ricotta, burro alle erbe, cipolla al barbecue, guanciale, salsa amatriciana e polvere di ricotta salata, è quasi un piatto unico, si corre il rischio di sbandare sulla pienezza, colpisce l’orchestrata riconoscibilità in bocca di ogni alimento e il solidissimo controllo della sapidità. Nella rollè di scorfano e scampi, la bieta viene sbollentata e cotta al forno, progredisce nell’eccitante guazzetto rosso di mare dall’aria schiettamente portuale astutamente “sporcata” dalla sfumata di zafferano e viene inconsciamente sorseggiata fino all’orlo. Pecca un po’ di ferrosità e nappatura la pelle della sella di maialino (comunque soffice, non asciutto e pacatamente grasso) cotto a bassa temperatura con purea di mele cotte, olio alle erbe e lo stuzzicante bouquet di porro fritto.
Sella di maialino, degustazione della pasticceria
I fuochi d’artificio scatenano commozione tra i dessert finali : ad oggi il cannolo del Fourghetti (che girovaga in carta) è il migliore che abbia mai assaggiato ma l’unicum lussurioso della pasticceria fatica a trovare concorrenza. Dalla carta gli unici prezzi realisticamente pesanti che sono rimasti riguardano proprio l’area pastry (dai 13 ai 16 euro) che si possono godere nella versione “petit” (ma comunque godibile) nella degustazione a 60euro. Cavallo di battaglia resta la Coppa Machiavelli , "squisitezza Michelin" : crema pasticciera aromatizzata alla vaniglia su composta di ciliegie sciroppate, lambrusco e frutti di bosco, un volo acrobatico di apocalittica dolcezza. La zuppa inglese Fourghetti è una mattonella a tre strati solidissimi e pienamente equilibrati e il babà che a primo impatto potrebbe apparire languido e asciutto, ammalia il palato imbevendosi dell’intingolo di rum, zafferano e crema al latte. Impossibile resistere a fine pasto alla ricercatissima distilleria, intrattenuti dagli elisir afrodisiaci di “Lady Amarena” Francesca Lolli dedita a baloccare lo shaker e altri attrezzi del mestiere per generare miscelati di qualità dai profumi intensi e persistenti.
L'incredibile Coppa Machiavelli, il Vermouth artigianale Fourghetti
FOURGHETTI
Via Augusto Murri, 71 Bologna
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