YUZUYA
Via Nicolò Dall’Arca 1/ I-L
Tsuruko Arai e Takako Kawaho dal 2016 si sono insediate alle spalle della stazione abbattendo i dogmi incessanti dei fusion fake che stavano prendendo il monopolio della città. Il decalogo dell’autentica cucina giapponese interregionale sta alla base di un menù fortemente campanilista, sfogliando i paragrafi dei ricettari giapponesi meno comuni tra lo Stivale come la cotoletta di maiale con frittata o con curry e riso, i soba in brodo con tempura, il filetto di sgombro cotto in salsa di miso, le 7 tipologie di maki mantenendo impeccabile l’attenzione sulla materia prima, in termini di conservazione, freschezza, conservazione e pulizia. Col medesimo occhio vigile e scrupoloso si selezionano birre artigianali e saké. A pranzo scatta la formula teishoku (una zuppa e due contorni), indispensabile pazientare per accodarsi all’immancabile massa di commensali che presiede all’ingresso dall’orario d’apertura.
HAOWEI
Via Casoni 2
Il talento e le folgoranti capacità dello chef Lu Ke da alcuni anni hanno ridisegnato completamente l’assetto scontato e popolare che le molteplici cucine cinesi avevano etichettato, proliferando menù fac simile allo sfinimento. Mai in città, il finedining è stato così vicino all’oriente : sostenendo una vision moderna e mostrando pungenti ed eclettiche attitudini in cottura, dal menù emergono pietanze all’avanguardia come i ravioli di cristallo, il branzino alla shui zhu, le zampe di gallina piccanti, l’anatra alla pechinese, la squisita zuppa di interiora tipica dello Sichuan condita con un blend folgorante di aromi, erbe e spezie o un ulteriore asso come la zuppa di pesci trasparenti. Spiccano inoltre il servizio del tè e la distinta delle birre.
SENTAKU
Via delle Lame 47/c
Via Collegio di Spagna 9
L’iconico ramen “tonkotsu” originario di Fukuoka ha rapidamente fidelizzato innumerevoli palati, puntando a ricreare un’esperienza autenticamente underground riconducibile ai ramen bar più in voga del Giappone.
Il tepore corroborante del brodo interamente di maiale (che oggi nel menù diventa anche di pesce o vegetale) traccia una connessione complementare con molti tratti identitari della gastronomia petroniana, partendo proprio dalla sapidità del brodo e seguendo una linea congiunta nel connubio di carni e verdure. L’acuto è di Lorenzo Costa, pioneer di Oltre, affiancato da Alessandro Musiani e da Dario Chan, unendo Bologna e Giappone e giurando fedeltà ai richiami dell’oriente, diretti dalla mano prodigiosa dello chef Marco Munari esploratore del gusto e delle culture asiatiche ma in primo luogo estroso alchimista nel rinnovare le ricette che coinvolgono i noodles e gli sfiziosissimi snack. La full immersion esterofila si replica anche in collegio di spagna a ritmo di gyoza cotti a meraviglia sulla piastra e bao al vapore.
SETA SUSHI LAB
Corte Isolani 2
Maurilio Zaccone e Davide Colomba hanno coraggiosamente cucito un tessuto metropolitano, investendo scrupolosamente sulla materia prima che all’interno di questo ambiente dal look tiepidamente minimale ma vistosamente modaiolo, recita il ruolo da protagonista. Ad armeggiare coltelli ed utensili del mestiere ci pensa Cueto Glenn che direttamente sotto gli occhi dell’elettrizzante clientela, doma tonni, merluzzi, salmoni e crostacei prediligendo i tagli più pregiati, apprezzabili nella tempra esplosiva delle marinature o nei fragranti e gustosi uramaki flambé. La tradizione nipponica viene approfondita seguendo i ricettari che lo chef esegue nel sushi e nei percorsi a degustazione. Il medesimo excursus qualitativo si replica nella distilleria, con whiskey prelibati e gin artigianali.
CARNIVORE UNION
Via centotrecento 1/b
L’unione tra quattro ragazzi cinesi ha portato nel vivo della zona universitaria la prima trattoria dell’Asia centrale, coinvolgendo i commensali negli usi e costumi più folcloristici, rappresentati dall’hot pot. La convivialità più viva e dinamica prende atto quando al centro del tavolo vengono serviti un fornelletto ed una pentola di brodo, proposto in sei sfaccettature. Al commensale non resta far altro che sbizzarrirsi selezionando quali ingredienti intingere da un’ampia gamma di verdure, frutti di mare, tofu, cosce di rane e tagli meno nobili degli animali come il cervello di vitello, l’intestino grasso di maiale o le arterie del bovino preparati da chef Gao, da cui s’innesca una valvola saporosa intensa e piccante.
SEIJO
Via Andrea Costa 63/2
L’imprenditore Giuliano Xia dopo aver già precedentemente alzato l’asticella mostrando ricerca e professionalità nella scelta della materia prima, mantiene lo standard sul medesimo binario assemblando uno staff di sala qualificato all’interno di un ambiente affascinante, fortemente contemporaneo. Il menù intreccia ricette fusion senza cadere ripetutamente nei cliché più gettonati ma mostrando un oriental wave dedita a revisionare maki e rolls attraverso vere e proprie signature della casa. La cottura del riso e la fragranza di pesci e crostacei non viene mai bruscamente strapazzata da un’esagerata coltre di ingredienti ed anche nei piatti thai, come il thood makoong o il pad thai, si percepisce la buona leva della cucina. La cantina può finalmente meritare una lettura, i carnivori fantasticano d’innanzi ai 150 gr di Kobe.
SOON
Viale Antonio Silvani 10
Cresce e s’infoltisce la proposta per la cucina asiatica sotto i portici. Uno degli ultimi arrivati è Soon, mirando a svelare il volto della cucina coreana dopo aver recuperato gli spazi dell’ex Barnstein School per presentare un locale dai materiali moderni e dall’estetica internazionale. Sui tavoli, un sistema hi tech alimenta le griglie elettriche per lasciare l’incombenza al commensale di dettare i tempi di cottura, cuocendo l’iconico Samgyeopsal, ovvero una pancetta tagliata fine piuttosto che il Dolsot Bibimbap a base di riso, verdure, uovo crudo, carne o gamberetti, serviti direttamente su una ciotola rovente. Ulteriori signature dishes sono i doenjang a base di pasta di fagioli e soia ed il rinomato bulgogi preparato con carne di manzo marinata in salsa di soia e successivamente grigliata.
LA PAGODA
Via dell’Arcoveggio 2
La trattoria cinese per antonomasia, storicamente trapiantata nella periferia felsinea, decorata da una serie di ornamenti, arredi, oggetti folcoristici riconducibili all’urban culture più antica della cultura cinese. Il menù da anni è impermeabile alle tendenze : alla Pagoda si viene avvolti da un clima caloroso e familiare per scegliere i piatti più pop di questo fronte gastronomico tra cui i mitici ravioli al vapore (piatto di punta dello chef Linfeng), gli involtini primavera, i won ton fritti, l’anatra alla pechinese, il riso gamberi e verdure concludendo il pasto con gli strampalati tiramisù al tè verde e gelato fritto.
LA CUCINA DI PENG
Via Ferrarese 193
Molti orientali sentono il profumo di casa quando vengono accolti da Peng e da sua moglie Valentina col sorriso perenne stampato in volto. L’atmosfera rasserenante, informale ed il senso dell’ospitalità dei due titolari, che mano a mano prendono sempre più dimestichezza con l’italiano, rendono questa nuovissima tappa della gastronomia etnica in città assai gradevole. Il menù dribbla fugacemente le referenze più classiche, puntando a far scoprire i sapori più originali e veraci della cucina cinese : zampe di gallina, medusa con aglio e coriandolo, spaghetti di soia saltati con misto di garusoli, anatra laccata, costoline di maiale in agrodolce ed i gamberoni al sale con bambù sono alcune delle pietanze proposte sulla facciata di una carta destinata a rinnovarsi, aprendo le frontiere delle specialità regionali a noi meno conosciute.
YUMMY
Via di Corticella 35
Nel quartiere più abitato e frequentato da orientali, il piccolo ristorante da trenta coperti è l’oasi ideale per riavvicinare il rilevante flusso di clientela cinese al proprio Paese natale. I ricettari primigeni del Sichuan emergono accendendo la tempra piccante che li caratterizza, prediligendo i tagli meno nobili delle carni (come intestino, orecchie, cuore di maiale, collo di tacchino, frattaglie, lingua d’anatra) ed ancora lumache, calamari, agnello, l’anatra proposta in più declinazioni, ed un utilizzo ricercatissimo sulle verdure, proponendo un indice meno comune e galvanizzato da differenti metodi di cottura. In tavola arrivano cocci e pentolini flambé per preservare ed espandere al massimo le temperature.