un'idea di: Marco Salicini
“ Le abitudini della nostra clientela estera ci hanno fatto capire che dovevamo allargare il nostro raggio d’azione”. Quei turisti che nel pieno pomeriggio sbirciavano tra le vetrate pixelate dagli stickers, all’ingresso di Oltre, hanno sfidato la volontà di Lorenzo Costa e Gian Marco Bucci , traducendo tutte quelle ispirazioni e connessioni oltre frontiera, in progetti imprenditoriali dal taglio progressista e motivazionale. Il processo, intriso nel credo di questi under 30 si sta amplificando, espandendo le radici della cucina tradizionale bolognese che da Oltre va a configurarsi come una genesi da cui nascono input, concetti e declinazioni per raggiungere interconnessioni gastronomiche e culturali.
Dopo il ramen e i gyoza di Sentaku e gli hamburger americani di Nasty; l’apertura di Ahimè porta dentro le mura bolognesi un locale inedito dall’espressione possentemente internazionale, introducendo congetture fuori dagli schemi non solo sul suolo locale ma in quasi tutto lo Stivale.
“Lorenzo, come mai ha chiuso il tuo ristorante?” – “Ahimè”. Da questa conversazione virtuale è partito tutto. Costa porta a Bologna un volto nuovo (finalmente ndr), amico a distanza, anch’esso under 30. Si tratta di Lorenzo Vecchia co partner e chef del progetto, “Young etichal chef dell’anno” quando guidava il suo ristorante a Pozzuolo Martesana, dopo aver concatenato esperienze blasonatissime all’estero (tra cui Berasategui) e in Italia, da Cracco, Lorenzo Cogo e la Klugman.
Non etichettate Ahimè come se fosse un bistrot o un’enoteca o meglio, se volete apostrofatelo voi, in base a ciò che può rappresentare in un determinato momento della vostra giornata.
Il locale sito in via San Gervasio a due passi da Oltre, da settembre amplificherà definitivamente gli orari : sarà aperto a partire dal servizio del pranzo ininterrottamente fino a cena, snodando e mutando gli standard, i preconcetti anche i pregiudizi, che inevitabilmente influenzano la propensione del cliente prima e durante la visita.
Non c’è nulla in realtà di più semplice, comprensibile e coinvolgente da percepire in questo locale che impronta l’atmosfera verso la condivisione sociale e antropologica, dal piatto, al tavolo in comune o direttamente al banco, partendo dal servizio del caffè (autoctono)e svariando verso un pranzetto salubre e originale, una merenda, un calice, qualche piattino d’aperitivo o la cena.
I vibes positivi ed elettrizzanti fanno la differenza, esaltando un convivio energico, scaturito dall’allineamento di queste formule polifunzionali all’anima del locale, costruito anche con le mani dei giovani titolari. Bellezza, originalità e ricercatezza si contraddistinguono in tutti gli elementi dell’arredo : dai tavoli in noce, alle bellissime lampade in alluminio, la magnifica e vistosa macchina del caffè e la mise en place, che assimila tazzine e piattini di ceramica artigianali alle stoviglie vintage riesumate dalle credenze di casa; il tutto allestito in 60mq di legno, metallo, boiserie e piastrelle.
Nell’era del km0 e della tanto professata filiera corta, la liason con la “terra” o ancor meglio con la natura e l’ agricoltura, assume uno spessore “etico” totalitario.
Fruibilità, sottrazione, tracciabilità sono i comandamenti inalterati della linea in cucina. L’altro e ultimo socio di Ahimè, Federico Orsi, vignaiolo e allevatore, tramite i suoi ettari incontaminati sulle colline della provincia bolognese, riveste il ciclo di vita che alimenta il menù. Imprescindibile stagionalità attualizzata nel foraging, in primis sulle verdure dell’orto ma anche nelle carni, tra cui i maiali “bradi” o i polli, facenti parte di quel misero 10% di materie prime non autoprodotte, che provengono da un allevamento di fiducia della Valsamoggia. Zero frigo e niente abbattitore, menù del giorno da 7 portate in continuo movimento fino all’esaurimento di ciò che è fresco e reperibile, impermeabile dall’inserimento di prodotti clandestini estranei alle affinità con la stagione. Il primo obiettivo sarà quello di essere totalmente indipendenti.
Valorizzazione massima ed estrema del vegetale, trattato da Vecchia con una personalità imminente e disarmante, estraendo al limite le potenzialità massimali di ogni verdura, in termini di consistenza, forma, colore, sapore e proprietà organolettiche, ammaestrando minuziosamente le tecniche di fermentazione e non solo.
Il risultato porta a un’efficacia, decisissima, rivolta all’appagamento gustativo atto a convogliare una moltitudine di palati, attratti e sorpresi più dagli effetti scaturiti dall’anguria e peperone, che in realtà dal verdetto delle papille gustative, costantemente adagiate su un filone tanto provocante, quanto rassicurante.
Viene snocciolata ad esempio la stucchevolezza e pienezza dell’anguria, divampa l’umami nel cetriolo, teriyaki, sesamo, mandorle e maionese al miso incorniciando un en plain complementare e definito per le soglie del palato. Il carismatico Lorenzo poi è un lievitista fenomenale, lo dimostra la lievitazione persistente di un pane ancestrale da cospargere con un burro selfmade da capogiro o con l’ottimo olio di Brisighella, ritrovando successivamente una spiccata sensazione di lievità nella panna appena montata adagiata sui pomodori.
Al di fuori di tutti i luoghi comuni, una selezione di vini naturali “raw” sia dall’Italia e dall’estero : tanti macerati ma non solo, etichette dai sani principi del terroir, fuori dai flussi standardizzati o a portata di click, che oltre a orientare un filo conduttore comune con la cucina, evocano i concetti di un pasto sano e straordinariamente digeribile.
Ahimè attualmente è in download all’80%, qualche altro protagonista andrà ad aggiungersi allo staff, un volto altisonante, su tutti figura il maitre Gianmarco Martinelli : molti lo ricorderanno da Amerigo, prima di legarsi per lunghi anni alla corte degli Alajmo. Nonostante manchi ancora qualche piccolo tassello vi è già una chiara certezza : Bologna ultimamente non è mai stata così internazionale come in questo locale.
AHIME'
Via San Gervasio 6e, Bologna
0514983400