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un'idea di: Marco Salicini

 

 maialino da latte 2020

Antonio Amura, classe 1948, approdò a Bologna nel 1969, dopo qualche esperienza a Riccione. Fu assunto al “Whisky a Gogò, un locale di via Zamboni che aveva anche un piccolo ristorante. “ C’erano quattro tavoli in tutto – racconta – stavo in sala a lavorare con la lampada. Il venerdì sera il ristorante incassava più del locale : champagne, filetti, crepes. Poi arrivai da Dante. Mi sembrava di essere entrato in un film. Furono sette anni indimenticabili. Lavorando ogni sera accanto a Dante, anche ad Antonio cresceva la voglia di aprire un ristorante. In via Rialto trovò uno spazioso locale che in certi vecchi libri si chiamava Osteria del Fiato Corto. Origini addirittura cinquecentesche. Divenne l’Antica Osteria Romagnola. Di romagnolo c’è solo il nome. Funzionò benone, grazie a un’accurata cucina classica e all’abilità di Antonio, capace di mettere chiunque a proprio agio e di disinnescare le situazioni più spinose. Come quando Lucio Dalla, seduto a un tavolo accanto a quello di Filippo Sassoli, si mise a fare gesti e rumori da matto, per divertirsi a mettere in imbarazzo il signor Buton e la sua irritata accompagnatrice. Da quarant’anni Antonio alza la serranda ogni giorno. I figli Matteo e Francesco, in sala e cucina, sono maturati alla sua preziosa scuola. Non sono i soli allievi di talento. Anche Luca Marchini, chef stellato dell’Erba del Re a Modena, è cresciuto nel vivaio di via Rialto.
(Mauro Bassini, 2020. Qui era tutta Lasagna – Volti e storie di ristoranti nella Bologna di oggi. Bologna : Minerva. Pag 293-294)

 

Un bel pezzo di storia della ristorazione bolognese è anche qua in via Rialto. Fuoriclasse e maestro Amura come pochi. L’Antica Osteria Romagnola non solo si sofferma a riflettere lo specchio della bella Bologna degli altri tempi, questo fascino lo mantiene vivo e splendente e lo diffonde a tutti i commensali, una volta varcata la soglia del civico 13. Atmosfera suggestiva, calda e avvolgente, mobili e arredi preziosi tra cui svetta il rosso ammagliante di una Berkel da collezione. Specchiere e bottiglie d’annata, decorazioni d’artigianato prodotte magnificamente da Francesco Amura cuoco ma anche artista e nel periodo natalizio le luci e le decorazioni rinnovate ogni anno, orchestrano una magia difficile da replicare anche per le strade principali più addobbate di Bologna. Oltre all’impatto cognitivo ed emozionale che sprigiona questo luogo travolto dalle passioni, si distingue un aspetto quasi metafisico incarnato tra le mura di questo ristorante. Il rispetto. Un senso di folgorante rispetto sinonimo del piacere per l’uscire a cenare fuori, provando quel brivido di attesa e desiderio che precede l’esperienza a tavola.
Il servizio di sala ricalca da sempre un ruolo centrale; Antonio Amura che fu uno dei massimi interpreti e pionieri del servizio alla lampada e di molteplici altre correnti di eleganza che illuminavano la ristorazione in periodi ben più gloriosi di questo, non ha di certo perso lo smalto anzi; l’anima e il cuore dedicati interamente a questo mestiere brillano e comunicano con un carisma unico, tutto il bello e il piacere del bien vivre e dello stare a tavola, assistiti e deliziati dalle buone maniere, dal senso di perenne e sentito attaccamento per un luogo e da quel filo sottile di sarcasmo utilizzato coi modi giusti e con una classe innata.
Si viene alla Romagnola anche per apprendere e saper apprezzare i tempi di un ristorante intesi in tutto quel gusto percepito e riconducibile alla tavola, per apprezzare con i modi e con gli atteggiamenti corretti il servizio al tavolo, rinfrescando la memoria e recuperando certi concetti che negli ultimi tempi il cliente snobba e ritorce con troppa avidità e strafottenza ma che invece devono rimanere e perdurare con ben altro tatto e in questo templio della ristorazione bolognese, lo stile non è mai calato di tono ne sceso a compromessi.

bufala mortadella ricotta antipastini

 

Poi c’è la cucina : ficcante, appagante e dal possente rapporto gustativo. Matteo e Francesco Amura riflettono la luce degli occhi di Antonio, hanno applicato negli ultimi anni idee e accorgimenti giusti e coerenti con l’identità della Romagnola slanciando certi piatti entrati nel cuore dei commensali.
Buone materie prime, alcune davvero autorevoli e deliziose, rintracciate da alcuni fornitori imprescindibili per spronare e calcare la specialità di certi sapori. Ingredienti e piatti emiliani all’orizzonte assimilati con qualche divagazione campana tutt’altro che scontata, un binomio che suddivide il patrimonio affettivo di Antonio, campano trapiantato da tanti anni sotto le Due Torri. Dal carnet di antipasti si impongono le freschissime e intense noti lattiche della mozzarella di bufala e della mousse di ricotta di pecora; il colore mediterraneo, il profumo e la polpa rigenerante dei pomodorini aglio e origano, le cipolle caramellate con aceto balsamico, i ceci con prosciutto e rosmarino, le olive nere con scorza d’arancia, l’immancabile e nobile mortadella e un friggione di una fulgida delicatezza. 

tagliatella lasagna costine pancia


Primi piatti lipidici e gaudenti, con condimenti e intingoli dall’addizionata saporosità : un gran marchio di fabbrica è la tagliatellina croccante al tartufo su fonduta di parmigiano e crudo di parma tirato al burro, ulteriori e gaudenti avances al palato arrivano anche dalla gramigna di pasta fresca colmata dal ragù bianco di coniglio, la voluttuosa e formosa lasagna, un incremento di cremosità concentrata nel generoso e persuasivo ripieno di porcini e patate a formare un unicum prosperoso. I vistosi tortelli di patate e guanciale con scaglie di parmigiano, dal ripieno ampolloso, vengono conditi con il sugo d’arrosto creando un sentore quasi umamico, sapido e deciso, confermando il ritmo collaudato della cucina.
Il lignaggio delle pietanze è accomunato da consistenze tenere, flessuose e scioglievoli, prediligendo le lunghe e le lente cotture. Il prosciutto di maialino da latte laccato al forno con la pelle croccante e patate al rosmarino da condividere è l’emblema gastronomico di questo luogo : il piatto giusto per fare strage di cuori, ricco di un sentimentalismo d’altri tempi che dalle otto ore di preparazione arriva in tavola assalendo le papille, affidandosi a una carica di succulenza esuberante fluidificata da quelle nuances aromatiche intense e ruspanti; a parte il suo fondo di cottura per nappare la pelle croccante e amplificare ancor di più gli umori. Sullo stesso principio ruotano la pancetta fondente all’anice stellato, ben caramellata e golosamente grassa, senza inconvenevoli eccessi e le costine slow cooked nel friggione bolognese, ennesimo tripudio di morbidezza e dolcezza.

fiocco di neve fiocco di neve e sorbetto

Di una Napoli mai così troppo distante, Amura rappresenta e ricorda il buon costume più caloroso, festante e invidiato : dalla pasticceria Poppella arrivano i miracoli di Ciro Scognamillo, sono i fiocchi di neve, briochine incredibilmente soffici lievitate 8 ore ripiene di una crema pannosa dalla leggerezza dionisiaca. La ricetta rimane segreta ma alla Romagnola arrivano freschissime e vanno a ruba quasi come in via Arena alla Sanità. Si possono accompagnare con uno straordinario sorbetto al panettone e grand marnier che decora con lussuria ed eleganza il Natale. Il panettone è quello di Gino Fabbri e qui siamo a Bologna; non vi sono dubbi che il legame per il gusto di classe alla Romagnola è penetrante e perpetuo.

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