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L'atteso ritorno di Vivo in città, Ristorazione e Arte in alchimia | Vivo Ristorarte

un'idea di: Marco Salicini
E’ rientrata quasi tempestivamente, una soglia d’attenzione rivolta alla ristorazione molto positiva, ancor più ordinaria. Pare quasi irreale che nemmeno l’ultimo nemico più inatteso, il meteo, fatichi a rallentare una buona predisposizione che di base ha pian pianino riallacciato la frequenza ai tavoli e raddrizzato l’interesse all’uscita a ristorante e tutto ciò che ne consegue. Su questo ha lottato col coltello tra i denti e per l’intero comparto horeca Vincenzo Vottero, presidente dei Ristoratori Ascom, onnipresente in qualsiasi formula – sul campo e mediatica – a cui andrebbe assegnato un distintivo. Avendo sottolineato più volte in queste pagine tutte le azioni rivolte esclusivamente alla tutela dei colleghi, intraprese con attivismo e altruismo dallo stesso, ci vogliamo soffermare in primis nell’immenso piacere di ritrovarlo col grembiule indosso tra cucina (in primis) e sala nel suo nuovo locale, per uno dei ritorni più graditi e attesi a Bologna. Ristorarte è il nuovo volto e approccio di Vivo e visto dall’interno va ben oltre a un raffazzonamento che di questo gioco di parole abbiamo notato negli ultimi anni da parte di altri, più su piatti altezzosi, artificiosi e privi di contenuti rispetto al contesto integro che invece ristorazione e arte assumono in questo locale. Un grande merito va detto, spetta a Licia Mazzoni, immancabile e imprescindibile spalla di Vottero negli ultimi locali; oltre al bel messaggio sentito e dedicato ad appartare due tra le categorie più malmenate dai dl (gli artisti ed i ristoratori) vi è la competenza tecnica e incantevole di Licia sul campo.
Il restyling dell’ex Pignatta è sbalorditivo, quasi spiazzante : assieme a tutti i nuovi rivestimenti (nel bello dell’eleganza) visibili sui muri (nella carta da parati) e sui tavoli, con la distinguibile personalità graffiante e stilosa si è gemellato il convivio con le opere d’arte periodicamente rinnovate (quattro mostre all’anno), in partnership con artisti locali – regionali e non solo, stupendo qualsiasi occhio attraverso colori vividi e penetranti (attualmente vi sono esposte le opere di Valeria Cerutti), sculture suggestive e messaggi allegorici che in un paio di casi giocano sugli stati d’animo vissuti negli ultimi mesi e – gioco della sorte – disposti all’interno, spazio inaccessibile per i commensali fino al primo di Giugno. Sul dehors è stato compiuto un mezzo miracolo, recuperando da un magazzino praticamente in disuso, murales a tema fiabesco (opera dello street artist Moe) arredato con pezzi d’antiquariato vintage della vecchia bologna. Il collegamento con la cucina, per chi conosce bene Vincenzo Vottero è facile da immaginare, il suo timbro partendo dall’estetica è dall’impiattamento è scenograficamente unico, quasi tridimensionale, a cui va elogiato il gusto e il notevole impegno nel saper associare materiali artigianali cromatici ad hoc per ogni pietanza. Non è fuffa quella di cui sto parlando, l’etica e l’integrità per uno dei pochi chef così tecnici e capaci a portare un’ideale di cucina creativa in città resta l’elemento centrale, sempre.
Il celebre falso farro, che ora diventa un entrée, è un piatto avanti coi tempi, proposto già in anni non sospetti : educa a mangiare, intrattiene e diverte impegnandosi gioiosamente con la materia vegetale; chicchi di sedano rapa a brunoise saltati e sfumati con aceto di mele, mantecato al Parmigiano Reggiano con burro Occelli, crema di zucchine cotte nel loro vapore ed estratto di arancia, carote, limone e zenzero a formulare un mix di consistenze ideale per riappacificarne il nucleo minerale degli elementi, intervallato da nuances lievemente acide e agrumate, per poi detergere lietamente il palato concentrando un elisir di proprietà vitaminiche e benefiche antiossidanti. Su un filone parallelo ci gioca su anche il risoluto di cipolla : cipolle rosse caramellate alla base, mezze maniche soffiate croccanti, spuma di cipolla bianca di Medicina, cialda di cipolla, sferificazione di cipolla; idea geniale che riassume significativamente l’identikit dello chef. Impegno meticoloso nella valorizzazione degli ingredienti del territorio – quasi onnipresente – immessi in un cosmopotilismo culinario dettato da un utilizzo preciso ed eclettico di tecniche di cottura adoperate ( perché ricordiamo che Vottero alla scuola Castorina – Marchesi e ai grandi nomi della ristorazione bolognese ha avuto un proseguo internazionale rimarchevole), stili e ingredienti esterofili su uno schema carismatico, multitasking e poderoso. Qui la cipolla viene lavorata in tutte le maniere possibili, ingentilendone e smorzandone l’animo a vantaggio di un corpo del piatto incisivamente edule e malleabile – la crema del cappuccio, il croccante, il caramellato – salvaguardandone ed esaltandone gli oligoelementi e il patrimonio vitaminico. Prosegue il menù degustazione Alchimia a scelta della cucina ( orchestrata a meraviglia per le tempistiche di servizio e allineamento delle portate) ma anche personalizzabile (50 euro benvenuto, 2 antipasti, 2 primi, 1 secondo, pre dessert e dessert) tra le signature migliori e immancabili nuove proposte. Il vecchio muro è un’altra delle portate più interessanti, manifesta una serie di accorgimenti stimolanti e propulsori sulla terrina di foie gras d’anatra Calvados immessa in un contrasto graduale, acclimatante e rinfrescante con la dolcezza del gel di maracujà e qualche tonalità restaurante e aromatica richiamata dalla sfoglia di macarons alla liquirizia e pepe nero (buon completo anche all’assaggio, ravvivato da quel che alla base poteva permanere un unicum a mo di mousse).
Primavera in fattoria è in sequenza il primo piatto su cui è possente e totalitaria la vocazione terrosa e agricola del territorio : tortellone ripieno di ricotta di bufala, in cui è evidente la cottura eccelsa della pasta per spronare un cuore deflagrante, cremoso e fragrante prodotto dal Caseificio Le Delizie, combaciato sinuosamente con la spuma di asparagi, Parmigiano Reggiano e timo fresco a smorzarne il carico emulsionante. Segue un viaggio in oriente restaurante connesso alla romagna, nel passatello di bottarga, gamberi mazarini crudi, brodo thailandese di crostacei – alga wakame, kumquat, funghi e lemon grass, supervisionato da un equilibrio anatomico degli ingredienti stentoreo dove la componente umamica non confonde e inibisce l’insieme, tempera finemente il passatello e il crostaceo; profondità e pulizia, assorbimento del flusso amarognolo; finale impeccabilmente pulito. Rientro alla purezza del territorio con le sane, robuste e performanti faraone di Andrea Ca Dai Prà dall’allevamento Il Vecchio Pollaio di Montalto, allevate esclusivamente allo stato brado e non intensivo, assecondandone le dovute tempistiche cicliche; La Faraona Va a Tartufi espande la sua ruspante carnosità, nappata con la sua jus profumata dal tartufo nero scorzone ( saporita, pregevole e priva di picchi salini) abbinata a un purée gustosissimo di sedano rapa e un appropriatissimo olio alle erbette. Break rinfrescante con il gelato di mango homemade (no zuccheri e no latte) e delizie finali su cui Vottero è sempre riuscito a fare centro con la medesima identità sprigionata su tutti gli altri piatti del percorso. La crema catalana al maracuja per caramelizzazione e successivo scoppiettio tempestoso di acidità e dolcezza sfuggite dalla base cremosa dal taglio del cucchiaio è tra le migliori mai assaggiate, poi c’è il cremoso di oreo, goloso e corposo gelato agli oreo di cioccolato fatto in casa.
E’ un Vottero,quello ritrovato dopo l’esperienza al Golf Club di Castenaso e il lungo stop pandemico, con la medesima energia con cui l’avevamo lasciato; mai un piatto impreciso e sottotono, idee, applicazione, estro, curiosità e capacità dall’inizio alla fine ne testimoniano una proposta unica e personale nel panorama dell’alta cucina locale ma c’è di più; il cliente senza nulla togliere al passato, gode di un servizio referenziale, appropriato, educato e premuroso su ogni aspetto. C’è anche qualche vecchio cliente della Pignatta tra i tavoli del nuovo Vivo che lo chef accontenta omaggiando la vecchia gestione con il pesce selvaggio del giorno cotto al forno e servito, sfilettato intero al tavolo accompagnandolo con verdure di stagione (su ordinazione) e sui vini una carta che offre ampia scelta a 360° suddividendola tra etichette più in voga, bei naturali e ottimi produttori locali, concludendo la serata con gli spirits straordinari di Baldo Baldinini. Finalmente, ben ritornato a casa Vivo.
VIVO RISTORARTE
Viale Silvani 18, 40122 Bologna
051788664
www.vivoristorantebologna.it