Sei qui: Gourmettoria Il nuovo menù di Iacobucci è il più profondo e sorprendente di sempre | Ristorante Iacobucci
un'idea di: Marco Salicini
Quando uno chef decide di mettersi in proprio, identificando il ristorante col suo nome, ci si attende di assistere a un procedimento più profondo assimilato con la personalità dello stesso. E’ ciò che ha scelto di fare Agostino Iacobucci, chef di Castellamare, oramai radicato da lunghi anni nel suolo bolognese dove ha confermato una stella Michelin prima ai Portici – lanciando e lasciando una corrente filopartenopea d’elite e successivamente, dal 2019 qui a Castel Maggiore . L’orto, nato a contatto con il maestoso parco secolare che avvolge la cinquecentesca Villa Zarri è un passo lampante e incisivo per permettere al cliente di subentrare nell’io dello chef e scoprirne più affondo le radici, oltre che ad aggiungere un’onirica freschezza ad una cucina già da sempre distinguibile per la sua radiosa armonia e leggerezza. Al timbro mediterraneo riconoscibile nei colori, nella vividezza, nei profumi e nei sapori idilliaci degli ingredienti – si aggiunge in prima persona l’interazione espressa ed immediata di Iacobucci con le materie prime vegetali autoctone; seminate – selezionate – osservate – custodite ed inserite in una linea di pensiero personale e primigenia interconnessa a una padronanza tecnico culinaria di altissimo livello.
L’infanzia dello chef è un passato tra la terra e i campi coltivati : i nonni erano agricoltori, la sostenibilità oggi fiorisce e risplende dopo i mesi incupiti dalla chiusura. Durante il lockdown Iacobucci ha dato vita a un desiderio custodito da sempre, animando tre ettari dei terreni con una varietà polivalente di piante ed erbe aromatiche, decine di tipologie di pomodori, grappoli di datterini, cipolle di tropea, fagiolini a baccello nero, zucchine, rape e molti altri ortaggi raggiungendo un quorum totalitario delle materie vegetali. Un complesso floristico che aggiunge coralità e cognitività ai nove tavoli disposti nei 200 metri quadri decorati da affreschi del 700 e opere charmant e in cui la cucina di Iacobucci aumenta scorrevolmente il suo significato trovando il proprio habitat naturale. I muri recentemente rinfrescati adibiscono una radiosità ancora più accentuata tra l’interno della sala e l’ariosità, bucolica e compenetrante del parco secolare.
Nei menù subentra un turbinio di novità suddivise nei differenti percorsi ( Campania / Emilia / Vegetariano) proposti a prezzi accessibilissimi (69 euro più 98 il menù esplorando), a maggior ragione se constatiamo che mai come ora Iacobucci ha intensificato la carta di contenuti politematici, pluralità espressiva al medesimo ritmo mantenuto da eleganza, tecnica e qualità, componenti fisse e altisonanti nella cifra stilistica dei suoi piatti.
Il benvenuto conferma una dedizione puntigliosa sull’alchimia ed il carattere di ogni finger food, sequenziale e graduale per il piacere e le percezioni del palato : bouquet di insalata dell’orto con yuzu – soia e olive nere; stracotto di agnello pane panko ed erbe amare, sfera di parmigiana di melanzane, cono a pasta fillo con tartare di pesce bianco caprino topinambur liquirizia, macarons pistacchio e mortadella, tacos cremoso di avocado e tartare di tonno, ravanello marinato nell’aceto di riso con maionese di ostrica, wafer croccante con paté di fegatini di pollo e gelatina di scalogno, marshmallow agli agrumi con gelatina all’aperol; un sunto tanto fugace nei bocconcini, quanto emblematico ed esaustivo di ciò che viene approfondito all’interno del percorso, proponendo in scala tutti i sentori ed accennando anche le tematiche trattate (l’intreccio campano ed emiliano, l’orto, il pesce, il mediterraneo, il piglio cromatico e la padronanza efficacissima dell’acidità). Bellissimo marchio di fabbrica sul pane (apprezzatissime peraltro le temperature), pagnotta 100% lievito madre con blend di farine integrali, tarallo napoletano mandorla sugna e pepe, grissino alla semola, alghe di mare e grano, cracker con sesamo bianco e nero e l’avvolgente burro demi sel della Normadia.
L’orto è una preview dell’aperitivo che i commensali si potranno godere a contatto diretto con l’orto nell'aperitivo, accompagnati con la navetta dall’ingresso fino all’area dedicata all’agricoltura : verdure raw, salubri espresse appena coltivate, condite con grazia dallo chef : salsa di agrumi, miele e pistacchio su punta di asparago, cornetto, zucchina gialla e verde, rapa arcobaleno e ciliegie; un bel messaggio che l’haute cuisine sta intraprendendo portando etica, chilometro zero, agricoltura, sostenibilità agli alimenti più puri e riappropriati dei propri colori, mineralità, croccantezza, temperature originali, andando a ripulire tanti palati smemorati dalla natura dei vegetali stessi, maltrattati e massificati dalla chimica e da quei contradditori sentori di frigo. Il filone prosegue con il carpaccio di sedano rapa cotto nel sale (setoso, vellutato e croccante) e condito con olio profumato al prezzemolo, farcito con crema di mandorle (elemento riproposto, che spesso rappresenta una svolta) e caviale di trota salmonata affumicato e in seguito la rivisitazione dell’asparago alla bismarck con estrazione di evergreen e la sua spuma, uovo poché alla base e spuma di parmigiano ricreando un remake anni ’80 in cui si gioca nel melange tra il cremoso del tuorlo, la sapidità della spuma a contatto con un unicum detergente e minerale.
Nuova versione per l’ostrica gillardeau, opulenta e carnosa, da cui emerge il sincretismo tra un sentore iodico sempre persistente condiviso da una boccata piena con panna, lime, erba cipollina e nuances di limone e aglio nero. L’insalata di pomodori è un volteggio di grazia e letizia in cui Iacobucci dissemina il dna del pomodoro, ingrediente affettivo e significativo per la sua cucina, sovrapponendo punte acidule e di dolcezza a un effluvio balsamico extra, colpendo sullo sbalzo termico, defaticante.
Gelato con arancia e pomodoro verde con crema di mandorle dolci; insalata con sfere di ciliegino giallo – rosso – melone cantalupo e cocomero; elisir di finocchio, mela verde e cetriolo; finto cuore di bue preparato con l’impasto della pappa al pomodoro; tapas con ricotta di bufala, burro, alici, polvere di cappero, olive e peperone confit ; gelatina di acqua al pomodoro, zafferano, gel al basilico.
Il porcino con gambero viola di Sanremo con intingolo al tosazu è un mari&monti di stupefacente intensità, dolce & amarognolo, umami astringente, a comporre e reggere la consistenza differentemente viscosa e ben evidenziata dei due ingredienti, senza andare a prevalere o sfigurarne l’essenza.
Il Cappuccino di seppia cotta con pappa al pomodoro, spuma all’aglio dolce, polvere di lime e il suo nero e olio alla n’djua è uno dei piatti più forti e lungimiranti, un assaggio verticale completo in cui viene assimilata la parte sapida acclimatata nell’emulsione a picchi aciduli e piccanti prima di sfogarne l’indole salmastra; estrazione e sottrazione alla base di una performance tecnica sofisticata, coordinata in maniera eccellente.
Doverosamente immancabile il Napoli incontra l’Emilia : fusione campano emiliana che celebra trionfalmente lo spessore gustativo ben rimarcato della tradizione più possente e campanilista di questi due territori : sfoglia elegantissima, farcia di ragù napoletano suadentemente succulenta, spuma di parmigiano e gel al basilico ad arrotondare e pulire, flirtando con una salsa di pomodoro appagante e centrale durante la masticazione. Poi c’è la scuola francese, nobile e classica nello stile e nel trattamento degli ingredienti sul risotto alla robiola con jus di faraona, liquirizia ed erba cipollina, deliziosamente cremoso e mantecato per un mix pacifico e confortevole di dolceamaro in contrasto con la jus, di grande portamento e stabilità – una punta di umami senza grevi sballate di sale mentre la splendida e magnifica quaglia è spartita nella coscetta arrosto, petto scottato, crudité di filetto e il suo jus, quinoa risottata al parmigiano – gelatina di ibisco, scalogno e prugne. E’ travasata dagli umori selvatici lasciando prevalere la succosità e la finezza delle parti del piccolo volatile in cotture anche più veloci, ulteriormente ingentilita da un contorno ficcante per irrorarne la testura alternando cremosità, intensità e pregevole freschezza.
Un golosissimo e preponderante gelato speziato al caramello con crumble ai pinoli anticipa il dolce più emblematico dello chef : il babà che ora ha raggiunto i 20grammi lavorando sempre più maniacalmente sull’impasto e sulla tripla lievitazione; l’aria gonfia e ghiotta viene immediatamente smentita da una pasta sottilissima e sorprendentemente ariosa e scioglievole – come testimoniano i microscopici alveoli – non è imbevuto di rum se non nel richiamo all’interno e c’è tanto piacere e delizia quando con il cucchiaio viene scomposto (per rigonfiarsi in un battito) e approcciato alla spuma al doppio latte e ai frutti rossi con la loro salsa. Ciliegie del contadino e una sfogliatella ripiena di crema diplomatica corroborante da non lasciarsi mai sfuggire tra la madeleine al passion fruit, marshmellow al lampone e gelatina di yuzu, macaron mandorla e ganache di mango, tartufino con la granella di cocco nella petit patisserie. Convive con la sala il maitre Ambrogio Luiselli che appena un anno dopo ha raggiunto Iacobucci da I Portici : alta scuola – prontezza e mestiere come raramente ne sono rimasti. Cantina da seicento etichette in aggiornamento post covid, attenta e ferrata su tutte le regioni italiane e un buon estero, classicità sensata a contatto con lo stile del ristorante. Mai come oggi Iacobucci si fa conoscere da vicino lasciando immergere il commensale in un percorso che moltiplica le tematiche più rappresentative già conosciute in passato, ordinandole in un nuovo schema in cui l'alta cucina e l'ateneo tecnico sui piatti tracciano un exploit delle materie prime carico di pathos e di classe imponente.
RISTORANTE IACOBUCCI
* Michelin
Villa Zarri - Via Ronco 1, 40013 Castel Maggiore ( BO )
0514599887
www.agostinoiacobucci.it