Sei qui: Gourmettoria L'incanto degli orti in centro, sotto le stelle i menù radiosi di Mario Ferrara | Scaccomatto agli Orti
un'idea di: Marco Salicini
All’ottavo anno di fila, la rassegna estiva del Ristorante Scaccomatto non è più un nascondiglio così segreto del centro storico bolognese. Poco è cambiato però dal debutto, quando lo chef lucano Mario Ferrara riuscì a dare vita al contesto rurale più incantevole, suggestivo e fatato presente tra le mura petroniane. I tavoli restano ben distanziati in mezzo agli orti dell’ex monastero che lo chef è riuscito a consacrare e rispettare : l’atmosfera è quella intima, romantica, speciale, di stacco e respiro in prospettiva ai luoghi di riferimento del centro bolognese. Non si è mai abusato del successo e oramai ammettiamolo, della notorietà della stagione estiva dello Scaccomatto per badare solamente all’incasso, rischiando di lesionare quel palcoscenico espatriante e rispettoso che alleggia durante le cene. Nessuna musichetta di tendenza in sottofondo ne tantomeno diversivi ammiccanti. Regna incontaminata la purezza e l’immagine primigenia di questo luogo, tenuto splendidamente. La cucina invece viaggia più forte ed è sempre più vicina all’impronta propulsiva del ristorante originale, localizzato dal 1987 in via Broccaindosso. Se fino a un paio d’anni fa, nel menù degustazione che muta settimanalmente, ci si basava sulla semplicità, il nitore e la vividezza delle materie prime; ora gli ingredienti, che rimangono la matrice espressiva di tutti i piatti, acquisiscono una spinta in più, maggiore coraggio ed espansione nei contrasti, puntigliosità, freschezza e profondità, soffermandosi su ciò che la terra e il mare propongono.
Mario Ferrara ve l’abbiamo già raccontato: in tempi non sospetti quando approdò ai piedi delle due torri e dovette confrontarsi con la staticità “stoica” della nostra ristorazione tradizionale, non si fece di certo spaventare dal rassicurare i propri clienti con il suo stile e la sua cultura tanto differenti, ricordandoci quanto l’Italia, interregionale è straordinariamente eclettica e autoctona.
Da un paio d’anni all'incirca, l’affiancamento con il figlio Simone, bravissimo e fedele interprete della sala, gli ha probabilmente fornito quegli input e quell’energia in più nella proposta: l’oriente, il Brasile e la Spagna interagiscono con sintonia e sapienza all’interno delle ricette, della mnemonica e di quel sentitissimo legame nativo con i sapori, i profumi e i ricordi di casa. E’ una cucina dagli ampli orizzonti culturali e di ricerca, di integrazione e continua esplorazione, grazie a molti promettenti under multietnici che compongono la brigata. Simone poi ha portato idee attinenti, attuali e stimolanti occupandosi del beverage: l’eticità svetta in corrispondenza alla filosofia del menù, sia sui vini in cui è arrivata una chiara apertura al naturale evitando di monopolizzare la carta, che sui cocktails disponibili durante gli aperitivi predinner, in cui giostra twist freschissimi e minimali nei principi del low alcohol e della botanica. E’ proprio dalla biodiversità delle piante aromatiche che si diffondono aromi istintivi e sciamanici espressi sia gastronomicamente che nelle distillazioni homemade proposte a fine pasto (come l’erba di San Pietro con cui già le suore producevano un liquore).
Il menù a 55euro prevede cinque portate e una bottiglia dei colli bolognesi (bei produttori) ogni due persone (rimane, su richiesta, consultabile una carta dei vini stilata con metodo).
Lungo il percorso emergono le sensazioni illustrate pocanzi; Ferrara ha una mano unica nell’estrapolare ed elevare il dna degli ingredienti, sfoggiandone una struttura solare a 360°, tradotta nelle testure, nei sapori, nei profumi, nei colori, il mix è evocativo e incontaminato; nei tagli si nota la scuola Cammerucci ma anche l’ispirazione giapponese : un esempio chiaro è il pomodoro confit affettato come fosse un nigiri su un gambero rosa crudo eccezionale, l’effetto “purezza” abbaglia apertamente il palato, sollecitato da un dressing di salse familiarizzanti con il nucleo della ricetta – tra marinità e compostissima dolcezza. Il fascino di un Mediterraneo vissuto nella sua infinita magnificenza è riflesso in uno dei piatti symbol dello chef, appena rielaborati : alici crude raggianti e veracemente saline con panzanella (autentica come poche) e una mostarda al peperoncino distintamente piccante, e qui ci potremmo soffermare sulla dimestichezza e la sensibilità che emergono orgogliose nel rispettare l’appendice di un piatto povero, oltre al consueto piglio sui marinati. L’assolutezza del dolce nella cipolla bruciata, dripping di salsa acida, nocciole tondi e croccanti, polvere di cipolla per accreditare il tema del recupero, sventagliando sfumature acidule con perizia e self control. Si punta ancora sulla semplicità e sull’intelletto inteso nel foraging, nelle coltivazioni autoctone, venerando la terra da un punto di vista contadino emesso a cogliere le caratteristiche agricole del nostro territorio a contatto con culture differenti, codificate con lucidità e autorevole riconoscibilità. Ogni parte del piatto emerge, vive, comunica – sia in assolo che, armonicamente, con gli altri pezzi. Il finale della cena chiude il cerchio mostrando il lato più comfort, domestico e tradizionalista di Mario Ferrara, il voluttuoso e gaudente mischiglio (pasta mista) alla marinara con frutti di mare e la loro bisque, ortaggi e legumi freschi e infine, il gelato alla crema con ciliegie sciroppate, infallibile in una serata di Luglio.
Al termine del pasto, non vi è immediatamente il conto : la condizione di una notte stellata, fresca di solstizio accentua la magia di questo luogo. Dove sono disposti i tavoli fino all’800 le francescane di Santa Maria della Vittoria si dedicavano a un perimetro vivaistico che comprendeva gli orti di Orfeo e agli alberi da frutta, oggi il popup dello Scaccomatto ne riscuote i valori, destinandosi oramai a convivere in eterno con la misticità di questo luogo.
SCACCOMATTO AGLI ORTI
Via della Braina 7, 40100 Bologna
051263404
www.ristorantescaccomatto.com