Questo sito utilizza "cookie tecnici" e "di terze parti" necessari al suo funzionamento - cookie policy.

 

INTR10
un'idea di: Marco Salicini

 

 VILLA ABBONDANZI

Il segnale più pungente e dirompente proviene dalla virtuosità e dall’ossatura che in soli pochi mesi il ristorante Fenicottero Rosa Gourmet è riuscito ad adottare, anteponendosi all’hospitality e all’appeal del resort di Villa Abbondanzi. Esplicitando il concetto è avvenuto l’esatto contrario rispetto a ciò che spesso e volentieri ci capita di constatare all’interno di progetti “di questo tipo”, un valore aggiunto dal nostro punto di vista di appassionati della ristorazione. E’ la ristorazione stessa che invita ad attirare al resort e non viceversa, ci mancherebbe senza nulla togliere ai servizi e al contesto in cui si è insediata la creatura della famiglia Bucci : hotel 4 stelle superior circondato da sette ettari di prati verdi, frutteti, orti, querce peraltro riparato dall’asfalto e dagli edifici industriali che dall’uscita autostradale portano a Faenza.
Una cupola di relax e di comfort dotata di area Fitness & Wellness con piscine, campi da golf, private & garden spa, camere e suite (i margini di crescita però ci sono eccome).
Gli alter ego denotano un indubbio ammiccamento nella polifunzionalità della struttura con lussi e servizi annessi ma steccano e appannano più che volentieri proprio nella qualità della ristorazione, omologandone i menù, le cotture, i fornitori, i vini e tutti quei convenevoli prevedibili del caso. Con l’apertura, da soli tre mesi (e questo fa alquanto specie) del Fenicottero, i punti dediti alla ristorazione all’interno della Villa sono tre e se nei Cinque Cucchiai si mantiene una linea più comfort ma sempre precisa e rassicurante è con la dimensione più pretenziosa e ambiziosa del finedining che si è fatto bingo. Si accede percorrendo il parco dei fenicotteri e delle cicogne soffermandosi ad ammirare le peculiarità, i colori e le fisionomie piuttosto singolari dei pennuti che al calar del tramonto accentuano il fascino scenografico che incornicia il locale.

LOCALE LOCALE 2


La personalità è una delle keywords più idonee a descrivere e raccontare il microcosmo del locale : si cena al fresco del bordo piscina nel rispetto e nella quiete scrutando i riflessi dell’acqua su cui danzano i fenicotteri; accomodati su sedute comode addobbate da mise en place all’avanguardia di grande gusto (emergono le ceramiche di Alessio Moras da Pordenone), così come si pongono le linee, i mobili e i materiali esposti e quella cucina a vista d’ispirazione esterofila da cui emerge il rigore, la professionalità e la sincronia di una brigata prodigiosa e metodica. Per raggiungere in così poco tempo un livello così alto e tali accortezze, ci si è affidati a un direttivo morfologicamente idoneo e qualificato per ambire e agguantare a traguardi tutt’altro che nascosti. Dopo diversi anni passati nell’haute hotellerie trentina (spicca il Rosa Alpina del St.Hubertus), il manager Alessio Arlotti è rientrato vicino casa sposando una sfida tanto complessa quanto attinente all’ascesa e alla new wave che sta contraddistinguendo la ristorazione romagnola : si muovono al suo fianco l’executive chef Alessandro Giraldi affermatosi all’Etoile di Sottomarina di Chioggia, Villa d’Este a Cernobbio, Gigolé nei dintorni di Brisighella e al pluripremiato Noma di Copenaghen, il bravissimo maitre Leonardo Carfì (per anni da Guido a Miramare di Rimini) e l’eccellente piglio artistico di Ilaria Pagani, che segue il segmento dei lievitati e della pasticceria implementato proprio alla corte di Niederkolfer a seguito della manodopera più gastronomica impiegata dai fratelli Raschi. E’ un percorso a degustazione (nove le portate a 80euro) mirato a trasportare il nucleo e i sapori dell’Adriatico in declinazioni più originali, innovative e antropologiche, alternando piatti più di tecnica e di mente a porzioni più di pancia e immediate. Non c’è nulla di ciò che pre concettualmente può venire associato a una cucina da hotel, ci sono idee – spinta e coraggio (finalmente!), tecnica, sensatezza e poliedriche sfaccettature sensoriali, dettate da una relazione multidirezionale che il territorio assume con il lessico ordinatamente assemblato dello chef. Addentrandoci proprio nello spirito e nelle materie prime utilizzate, dal mare si sfrutta l’Adriatico finché possibile (col Tirreno come alternativa), l’orto autoctono a km 0 progettato dall’agronomo Anna Letizia Monti (da cui provengono tutti i vegetali lavorati con estro e visione e la frutta) e ulteriori prodotti romagnoli, compiuti con testa e rispetto, senza spericolatezza.

benvenuto canocchia pani

Il pilot di benvenuto può ingannare, colpendo per la sfrontatezza di certi sapori da cui però si trae anche la cura nel dettaglio che ricopre e riveste a 360° il leitmotiv del luogo (le salviette poste negli astucci, i guanti di tessuto da indossare per sfogliare la carta dei vini, la ricerca e la varietà delle posate e stoviglie). Su un cucchiaino si pone la spinta salata dell’acciuga di cetara diluita dalla mozzarella di bufala sferificata e croccante di pane per dirigere la boccata, taco al curry con tomino fresco, cavolo cappuccio e gambero rosso di mazara, spunga di alga da intingere su riccio di mare e aglio nero per l’intensità e l’astringenza, capasanta affumicata con gazpacho di lampone e rucola fresca ed infine la cannocchia marinata con sale e zucchero, friggitello e datterino a rinvigorire il mare nostrum in un fugace dolce-amaro.
Magico e imponente il cestino dei pani, di primissimo livello : pane a lievito madre con farine macinate a pietra, umide e goduriose focacce di patate, crunch sui grissini di mais e friabili crackers, coadiuvati da burro francese salato e dall'olio della tenuta Pennita.

scampo triglia sogliola

 

La prima portata è una delle signature più vincenti e permanenti : scampi crudi, pienamente tonici e cromatici, aromatizzati da una girandola di sollievo testimoniata da esecuzioni fresche, centrate e attuali, come il volteggio di dolcezze rinfrescanti estratte dai datterini e dal cocomero rifiniti dal dolciastro “elisir” del bitter. Conquista e segue la completezza della triglia cotta al barbecue e definita superbamente nella sua texture in termini di succosità e sapidità, mandorla in doppia consistenza, friggitelli & orzo controllati e trattati magistralmente in contrasti limpidi sul dolceamaro mirando a insaporire, evitando di frustare la triglia e lasciando al palato una finissima pulizia. Equilibrata, integra e ben definita la sogliola ( scatta un bel campanilismo dell’alta cucina verso il litorale adriatico) cotta in padella per mantenere fedeltà ed exploit ai suoi umori (salvaguardandone la carnosità) con il crespo e l’amaricante della lattuga, il dolce spennellato dello zabaione al limone per l'apertura citrica, il croccante della nocciola e l’acqua di pepe rosa per un sollecito lievemente fruttato e riposante del piatto.

cappello spaghetto melanzana polpo

Universalmente godereccio, gustoso e rotondo il cappello del prete, accuratissimo nella stesura e nell’eleganza della sfoglia che viene ricoperto da una generosa coltre di tartufo nero di stagione dal profumo netto e persuasivo : racchiude un cuore iodico e stimolante di ricci di mare e viene irrorato dal tuorlo giallo cotto sulla cenere per moderarne i lipidi ed amalgamare il bouquet piuttosto intenso di ingredienti. All’antitesi, lo spaghettino freddo mantecato con pesto di crescione e salicornia, acqua di vongole con ostrica e caviale opera in sottrazione : è un’espansione di mineralità in verticale, su scala si colgono note green e vegetali, sfidando il palato intorno a lime acidule e amaricanti immesse in boccate perennemente piene e mai slegate, ruotando dalla cremosità intorno all’umami. E ad ogni step dei piatti proposti si alterna quasi frequentemente, questo andirivieni talvolta più immediato e al contrario più ingegnoso : la melanzana cotta a bassa temperatura, affettata e marinata nel sambuco, viene adagiata sul cambio frequenziale più fresco e addolcente della stracciatella e finalizzata dalla salsa all’aglio nero : fermentazioni quando presenti utilizzate per stabilizzare l’equilibrio organolettico – digestivo di molte ricette. Arriva il polpo prima stufato decorosamente e successivamente ripassato in padella per recuperarne il nitore dei tessuti in superficie da cui ne evince una malleabilità magistrale del tentacolo, viene assecondato dalle lumachine di mare sgusciate in un guazzetto confidenziale intenso e piccante speziato tra tabasco e prezzemolo (apro la parentesi sulle erbe aromatiche, tutte provenienti dall’orto e onnipresenti sui piatti). L’ultima pietanza gastronomica è un piccione trionfale, dall’efficacissima cottura : filetto e coscette con interiora (da cui proviene il sapore più ferroso del fegatino) saignant e saporite in pairing a polvere di alloro, cipollotti di tropea per l’agro e l’acidità, pastinaca a sfruttare la mineralità per ripulire in un esecuzione più minimalista e materica appositamente spoglia di fondi bruni o nappature francofone.

piccione pre dessertvcagliata pasticceria

Al termine di una carrellata di piatti incentrati sulla bella mano dello chef e sull’ecletticità materica ( tanto vegetale intorno a carni, pesci e paste) ultimare benissimo con i dolci della pastry chef non è sempre scontato : dal pre dessert folgorante (spuma di yogurt, finocchio e mela verde) all’inopinabile Cagliata in cui c’è tanto della cucina del tristellato Niderkolfer : latte di capra cagliato, fragola, rabarbaro, kefir, topinambur croccante, sorbetto alla fragola e infuso di menta; un esempio di come un dessert viene interpretato alla pari di un piatto, abbinando tutti i battiti e le consistenze gustative, partendo dalla creatività a una comprensibilissima sostanza, espressa dallo smalto meraviglioso del caglio all’utilizzo minimalista di frutti rossi & radici che aprono collegamenti introdotti già nell’assaggio precedentemente al timbro del st.hubertus, con le note lattiche e il bosco in un ammirevole dialogo. Il tris di assaggi della piccola pasticceria confermano il talento tecnico e lo sguardo contemporaneo : bon bon di pera e maracuja, tartelletta lavanda e ribes nero, cialdina con cremoso di limone e meringa all’italiana. 350 referenze di una carta dei vini in luce su grandi cantine classiche e champagne d’elite, presentate e servite da uno staff di sala didascalico e inflessibile sulle tempistiche, l’atmosfera e l’intimità del luogo si presterebbero però a un ritmo un po’ più lieve e soft intorno al commensale.
Al Fenicottero onestamente, c’è già tantissimo per ambire e far bene, la professionalità e la supervisione ricercata in ogni dettaglio portano un’altra grande novità all’interno di una ristorazione romagnola sempre più imponente in regione.

BRIGATA

FENICOTTERO ROSA GOURMET
Villa Abbondanzi Resort - Via Emilia Ponente 48018 Faenza (Ra)
3316475116
villa-abbondanzi.com 

COOKIE / PRIVACY POLICY