Sei qui: Gourmettoria La Drogheria delle sorprese e dei viaggi a tavola tra una serie di produttori incredibili | Drogheria delle Api
un'idea di: Marco Salicini
Avrà influito il periodo di segregazione a casa, lunga fase in cui la spesa a domicilio è stata più accorta e mirata e in cui l’attenzione rivolta verso la peculiarità e la provenienza del prodotto ha indubbiamente suscitato un altro tipo di engagement, fatto sta che nel 2021 le aperture più interessanti nel capoluogo hanno toccato proprio il filone botteghe-enoteche. Una combo che a parer mio era piuttosto scarica, soprattutto se intrecciamo il tutto a un’accoglienza, piuttosto che a una storytelling, focalizzata sui produttori e prodotti presentati un pelo più certosina, esonerando a quei 3/4 big di riferimento oramai da anni.
L’ultima arrivata ha fatto breccia nel mio cuore come una freccia di cupido. La Drogheria delle Api è uno di quei luoghi in cui un appassionato perde facilmente la ragione, un passo in avanti e oltre riprendendo concettualmente il cappello iniziale, rispetto anche ai gran bei prodotti che in maniera più insistente sono più reperibili e commerciali. E' tutto il complesso che funziona e alimenta la curiosità e le perdizioni di gola di chi approda in una delle periferie più belle di Bologna, dalla colazione ininterrottamente fino all'orario di cena.
Sono debole e mi sciolgo molto facilmente quando alle spalle di una stratosferica batteria per gourmand, emerge la professionalità associata a componenti umane quali il modo di porsi sciolto ed educato, preciso, affabile, istintivo e premuroso infisso nel savoir faire dei due protagonisti di questa avventura : Cristina Moscuzza e Angelo Di Stani. La prima abile, scrupolosa e pragmatica pasticcera, il secondo perspicace conoscitore ed esploratore della gastronomia, uomo di sala e dei vini, indimenticato quando il Cesoia di via Massarenti osava, testava e stupiva, giocando d’anticipo su ciò che sarebbe arrivato dopo nella ristorazione gourmet locale. Si fa la spesa, si prende la colazione, si stuzzica, si pranza e si cena in un punto della città a mio avviso ben individuato, tanto spoglio di alternative e mondanità, quanto collegato al centro storico e ben frequentato, come appunto la via degli Orti del quartiere Murri.
La Wonderland del cibo si può raggiungere calcolando un’equazione molto semplice : godersi la tavola spensieratamente senza fronzoli, nutrendo il proprio database gastronomico, accolti e coccolati senza quel pressing che a volte ti mette voglia di distaccarti per un po’ da un certo tipo di ristorazione. Un aperitivo allungato, senza programmare le lancette in Drogheria porta proprio a questi ragionamenti, alternando frangenti di fulgida convivialità ad immersioni analitiche in ciò che materie prime inedite possono scaturire.
Cristina e Angelo hanno radunato tra le loro tournée esperienziali un incetta voluttuosa di tanti piccoli artigiani, osservando attentamente le colline nostrane e sviando per tutto il suolo italico e all’estero accaparrandosi l’esclusiva su specialità eccezionali tradotte in : Generi Alimentari di Conforto. Con dialettica e approfondimenti vengono serviti al tavolo, incarnando l’ultimo passo che dalla terra al produttore arriva al consumatore finale.
I pani a lievito madre e grani antichi hanno tre fornitori differenti : c’è la Vecchia Scuola di Montalto che nell’ultimo biennio ha rapito l’appetito delle critiche con le sue pizze, focacce e pagnotte da sogno, il Mare Mosso di San Lazzaro che oltre a trattare con acuta sensibilità le specie ittiche di Salvatore Cucinotta ha lasciato a bocca spalancata proprio sulla panificazione moderna e una segretissima new entry : Da Madre Ignota, il lab neofito della trentenne Irene Conti incentrato a riprendere e valorizzare l’etica naturale della panificazione, in termini di condivisione, sostenibilità, cottura, test poliedrici sui blend di farine, fermentazioni, amore primigenio per il bene comune.
L’intro con pane & olio è una pace dei sensi essenziale, si riconosce la fragranza dei grani, la crosta ancestrale, il piacere scorrevole lungo la tempra artigianale dell’olio.
Il primo tornante da batticuore parte dalla sequenza di formaggi a latte crudo ( per ora made in Italy ma nel coming soon ci sarà anche Francia, Inghilterra e Portogallo ): la ricotta di pecora affumicata al ginepro di Nunzio Marcelli (un equilibrio perfetto tra l’inizio leggermente fumé, il sentore del ginepro e il finale piccantino), la robiola di capra di Roccaverano di Guffanti, superbo affinatore, la mitologica mascherpa stagionata un anno di Ferdy (l’agriturismo più battuto da tutti i gastroappassionati) : parliamo di ricotta ma siamo su espressioni casearie inesplorate, la toma Bettelmat (sempre Guffanti) in tutta la sua spinta profonda, ghiotta e cremosa e infine Marcelli a chiudere il cerchio con il Brigantaccio, stagionato e asciugato con la crusca; al centro però un’autentica prelibatezza : è la composta di mandarini e spezie di Sanapu : lapilli di agrumi concatenanti al palato persistenti e memorabili – consiglio personale assaggiatela in purezza, senza necessariamente intingerla sui formaggi.
Break precedente al tripudio dei salumi con la burrata del Caseificio Dicecca di Altamura, a far da garante è il dna pugliese di Angelo Di Stani : il riflesso nel mantello cremoso e nell’assenza di quel retrogusto esasperatamente acido fake e forzato – oramai timbrato nel palato comune – riunito all’assist genuino e addolcito dei pomodorini sott'olio dell’Azienda Agricola Turco portano al giro della morte di questo ottovolante gustativo.
Sui salumi sbancano le stagionature dell’Azienda Cà Lumaco, eremita degli appennini modenesi nella frazione di Montetortore (a due passi da Zocca), dove Emanuele Ferri alleva suini di mora romagnola allo stato semibrado, alimentati al pascolo con granaglie coltivate in azienda e macinate nel mulino di proprietà, attuando un’etica intangibile su conservanti, ogm e ulteriori espedienti utilizzati per alterare il ciclo vitale delle bestie e corrompere i ritmi di produzione. La pancetta di mora, con il suo smalto grasso deliziosamente speziato, candido e scioglievole ne è un capolavoro. Da Ferrara per il prosciutto crudo c’è poi la Macelleria Rizzieri, in ascesa negli ultimi anni, realtà che con perizia sa selezionare i tagli, stagionando 24 mesi a Langhirano, ancora quel fenomeno indipendente di Ferdy con la salsiccia stagionata di Capra Orobica (completata in stagionatura con una piccola percentuale di carne suina) razza autoctona che pascola liberamente tra le montagne più astruse, con la sua distinguibile intensità; la Pitina di pecora di Borgo Titol, ungulata come fosse cacciagione, emblema friulano da cui prevale un nitore sferzante di spezie e aromi al naturale su un delicato sentore di nocciolo. La mortadella e il salame rosa sono Artigian Quality, la coscia cotta di Opificio 1899, per il guanciale e il salame ancora Rizzieri.
La copertina della carta invece presenta le chances gastronomiche in perenne evoluzione : il carpaccio di tonno affumicato friultrota è condito con papacella, peperoni occidentali in sott’olio autoprodotti, le verdure : broccoletti simil friarielli, sparasine (5/6 varietà di tipologie di asparagi spontanei) dai Colli Euganei, funghi shiitake dal Lazio coltivati in grotta, salicornia e delle impronosticabili peschiole acerbe in agrodolce dell'Azienda Agricola Verticelli.
Poi le assuefacenti, sugose e salmastre seppie in umido con polenta bianca, il calore lucente e raggiante dei peperoni Pimientos del Piquillo a tessere una polpa carnosa coperta su un baccalà elegantemente mantecato, pieno, prestante e cremoso.
L’apoteosi dei dolci non è altro che un ibrido sul magnifico carnet delle colazioni : il cannolo farcito con la squisita ricotta fresca della latteria d’Aviano, le torte e crostate denotate dalle confetture deliziose fait maison dalla Vecchia scuola di Montalto e una pasticceria secca da encomio con i baci di dama della Pasticceria Gallina di Alessandria, sorprendenti per la friabilità che persiste nonostante la confezionatura e la libidinosa spalmabile alla nocciola, i biscotti di pasta di mandorla dalla Dolceria Bonaiuto di Modica da cui arriveranno le modulazioni su una cioccolateria che non ha di certo bisogno di presentazioni mentre l'angolo dei peccati di gola, amplierà le proprie tentazioni procacciando la pasticceria secca del Micropanificio Mollica di Carpi, realtà portata sul trono dalle assegnazioni del Gambero Rosso.
Su ciò che esalta, supporta, anticipa o posticipa le vivande, si sente il tocco di Iacopo Gerussi, il terzo volto della Drogheria delle Api : ben presto sarà in pianta stabile. A Bologna l'ultima volta l'abbiamo visto da Iacobucci, in cui non nascondeva quell'istinto propositivo, divertente e distinguibile nel restaurare una cantina classica con etichette più arrembanti, originali e unconventional. Iacopo che conosce Angelo da anni, ha condiviso una ricerca sconfinata a contatto diretto, vivendo l'empatia con i produttori e gli allevatori. Pullulano bottiglie che sposano in pieno l'etica del naturale, suscitando pur sempre quello spirito diretto e sperimentale ma in primis amalgamando scelte intelligenti : bravissimi sono i nomi che raffigurano sinergicamente e puramente il territorio emiliano romagnolo, raggianti gli spunti sull'estero e di merito figurano anche certe annate su determinati vitigni e su alcuni macerati, scelte impegnative ma che ti cambiano completamente l'energia e il racconto di un bicchiere. Il topic sul beverage è concluso negli spirits di Simone Grossi che col suo Spirito Giusto sta diffondendo le espressioni più iperboliche evidenziate da una distribuzione di liquori ardimentosa e depurativa.
Il ritmo e i progetti verso cui la Drogheria ha preso la rotta, porteranno a un cambiamento repentino visita dopo visita, alzando l'asticella della curiosità e l'hype del commensale volta dopo volta, coinvolto e coccolato da un approccio che dal produttore arriva trionfante in tavola con i tempi e le modalità più giusti e sentiti possibili.
DROGHERIA DELLE API
Via degli Orti 23E, 40137 BO
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