un'idea di: Marco Salicini
Potremmo essere altrove, ovunque, il bello è che invece siamo nel punto più vitale del centro storico bolognese, enfatizzati ma allo stesso tempo distaccati dai ritmi e dal genere forsennato di drinketti & calicini che configura il flusso sociale del Mercato delle Erbe e dintorni.
Questo è un chiaro esempio che virtù e ambizioni non si rintracciano scontatamente nell’investire in un’ ampolla altolocata ed esclusiva con tutti i comfort del caso, altroché, un’ambizione può convivere di pari passo agli sviluppi di un progetto in controtendenza attivato con le idee e gli input giusti, che a volte agli occhi comuni può essere scrutato con scetticismo ma che attraverso l’identità di gruppo e la ricerca può spalancare le porte verso qualcosa di nuovo, incidendone un seguito.
Ad un anno dal suo debutto, Ahimé dà una conferma della sua forza e della sua vitalità. Tanto esterofilo e all’avanguardia quanto limpido, versatile, informale e condivisibile. Non etichettatelo anticonformista per cortesia, né tantomeno antesignano di un modo innovativo di vivere la tavola. Concretamente è un bando di eticità primordiale anacronista sintetizzato nel suo slogan “A simple place for a daily use”.
Fruibile e tracciabile in tutto il suo unicum edibile, esteso dalle ciotole ai piattini di ceramica artigianale (acquistabili in loco dalla clientela) manodopera recuperata dalle vecchie credenze di famiglia e dai capolavori del mastro di Villa Verrucchio, Remigio Zangoli , alla concezione quotidiana rivolta all’agricoltura in simbiosi con l’ecosistema gastronomico e l’approccio del servizio.
Nel 2018 allo chef Lorenzo Vecchia venne assegnato il premio come “Young Etichal Chef” dell’anno, un conferimento tradotto in ciò che assistiamo oggi nel suo locale.
Il Foraging – dai terreni autoctoni di proprietà direttamente al consumatore -
Nei 2,5 ettari degli Orti di Pragatto Hills(siamo in Valsamoggia) residenza del socio e vignaiolo Federico Orsi (che produce agricoltura biodinamica nei restanti 15) c’è una vastità di ortaggi e vegetali di altissima qualità : seguendo il segmento embrionale della dottrina del progetto, ovvero sostenibilità, tracciabilità e reperibilità e obliterando le alterazioni refrigeranti , le verdure vengono trattate “espresse” per poi apparire in un menù manifesto della stagionalità più sincera e senza filtri, ascendente dei cicli territoriali : gli scarti delle stesse tra l’altro, Orsi le recupera utilizzandole come fertilizzanti per il terreno.
Dai medesimi terreni agresti provengono i salumi dei maialini allevati allo stato semibrado di razza Mora Romagnola : salame, salsiccia secca, lardo stagionato e pancetta affumicata vividi, vispi, traslucidi e vellutati da uno smalto grasso sano, ruspante e genuino acquistabili anche al prezzo : la lavorazione è frutto di un lavoro in simbiosi con la storica Macelleria Zivieri di Monzuno.
Merita un discorso asettico il pane a lievito madre decennale, fin dagli inizi proposto come piatto del menù a cui si attesta un valore dignitoso : d’altronde gli innumerevoli test e le evoluzioni di cui è stato oggetto nei primi 12 mesi di nascita sono frutto di un’elaborazione liturgica, frutto di 72ore di lievitazione e di un impasto puntiglioso ottenuto con grani antichi locali e farine semintegrali (in un blend tipo 1, 00). Ne vale la pena perché la mano lievitista di Vecchia è indiscutibilmente unica e magnetica (lo ha ulteriormente testimoniato un panettone cioccolato bianco e capperi pazzesco) , riporta al piacere ancestrale della crosta anfratta e friabile e di una mollica eterea, indomita, salubre.
Il menù fluidifica scorrevole e raggiante, diviene quasi impossibile tenerne il passo cronistico a fronte del suo ciclo vitale, un fattore positivo che stimola, aprendo la mente ad una visita successiva consci del fatto che ci sarà sempre qualcosa di nuovo. E Vecchia, seppur col suo timbro carismatico e autorevole non si pone mai con egocentrismo davanti al piatto ma aspetta e rispetta la materia, valorizzandola in molteplici sfaccettature ricavate nel dna purista ed essenziale della stessa, accesa e omaggiata attraverso un bagaglio tecnico lampante e propedeutico in termini di marinature sensazionali e fermentazioni folgoranti. Si diletta quasi ad “improvvisare” per gli algoritmi dettati dalla natura, le ricette ogni dieci giorni ma alla base di tutto ciò che appare semplice e minimalista, non si defila di certo uno studio progressista applicato ad ogni abbinamento e timbrato da una levità sciamanica sulle salse.
La cucina a vista (un point de vue quasi romantico e nordico, intravederla di passaggio da via San Gervasio) è coordinatamente elegante e musicale, raffigurata da giovani talenti tutti under 30, tra cui figura Diego Stagni, reduce dagli anni dentro la cucina del fratello maggiore Oltre. Rispetto alle visite precedenti, in questo finale estivo abbiamo incrociato e dedotto meno dissolvenze acide e graffianti, al cospetto di contrappunti perennemente variopinti e maturi ad adornare le texture delle materie proposte.
L’ouverture è pane con un burro self made al ginepro più acido e aromatico e un altro ricavato dal grasso di maiale, linea che incalza il piatto dei salumi autoctoni e le ostriche delle acque marine dolci della Perla del Delta, riconoscibili per il tessuto viscoso&adiposo e dal sapore fedelmente salino. Intensa e avvolgente la salsa alla bourguignonne, burro - prezzemolo e crema di aglio caramellato a irrorare l'ostrica, cotta al forno nel suo guscio per circa un minuto.
Lo sharing ritmico e spensierato, rimodula note balsamiche/vegetali/acide/minerali agglomerando con perizia alimenti ed ingredienti inusuali verso “trattamenti” mai lasciati al caso, seguendo quindi la ragione espressiva “incontaminata” della materia, in un risultato che tradotto ne offre un significato, evitando di sbandare in salse troppo opulente e intromettenti piuttosto che in contrasti disordinati o dilavati. Basti recepire quanto sia rivisto l’utilizzo di sale, zucchero, rintracciandolo piuttosto nel nucleo dell’ingrediente. Come il tocco umamico della salsa al miso che glassa le spinte iodiche, marine o acide, intercettando gli altri umori della vongola della Perla del Delta e della cipolla (cotta al forno sotto sale) ne è un esempio plateale. La doppia salsa sui pomodori confit ,cotti lentamente nell'olio per nove ore, da cui ne deriva un estratto utilizzato per la sua salsa mentre l'altra è composta da pane e aceto , forma un piacevolissimo alter ego della dolcezza composta dei pomodorini, ironizzando palatalmente quasi sul ketchup. Delizia e colpisce, rispetto alle altre paste assaggiate in precedenza, la delicatezza e l’equilibrio che lo spaghetto ( raggiunge una mantecatura cremosa inarrivabile, sviando latte e burro) raggiunge con il latte di cocco e il garam masala home made, impazzendo di gusto poi su uno di quei piatti in cui si evince vorticosamente, l’identikit di Vecchia nell’evoluzione vegetale : patata dolce cotta al forno con salsa di pinoli - capperi e peperone, centrifugato e portato a riduzione fino ad addensarsi naturalmente con i suoi zuccheri e polvere di alloro in un total green perpetuo, dalla potenza micidiale.
Più comfort il filetto di ombrina (bello roseo, morbido e carnoso; arriva dal Gargano anisakis free e si può mangiare tranquillamente a crudo) viene cotto lentamente sul fuoco e ricoperto con le lamelle di zucchine a crudo, poi insaporito da una una salsa al suo liquido di cottura, brodo, burro per legare e vino ad elevarne il finale.
Tutt’altro che scontato, in molti altri contesti, ritrovare enfasi, estro ed efficacia nella parte dolce che da Ahimé apre la mente al pari di tutto il salato : il contrasto ma anche la simbiosi di cipolla e fragola (cipolla cotta prima nel brodo di fragola & alchermes, ne vengono poi canditi i fiori e sciroppata all'alchermes) il tepore bakery della focaccia di patate alla genovese nel dolce-nondolce con la confettura autentica di mela cotogna. Impossibile evitare di lasciarsi coordinare enologicamente dai Gian Marco’s, Martinelli e Bucci; il primo cresciuto da Amerigo e maturato alla corte degli Alajmo, il secondo proviene dalla sala di Oltre e assieme formulano una coppia assortita, conforme nei modi e nell’identità della sala, studiando e scovando una cantina tutt’altro che enciclopedica ma ricercatissima e originale nell’intercettare produttori da ogni dove, accomunati da metodologie in cantina indipendenti e da una visione scibile e purista del territorio.
Con la medesima filosofia è già stato impostato il servizio del caffè e basterà solamente un po’ di continuità, fattore che questo locale non ha mai incontrato dalla sua nascita, per godersi Ahimé ininterrottamente anche in tarda mattinata e all’orario pomeridiano.
AHIME'
Via San Gervasio 6/E, 40121 BO
https://ahime.dinersuperb.com/
0514983400
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