Sei qui: Gourmettoria Quando l'innovazione diventa abitudine, la ricetta vincente di Apelle che ha rivoluzionato Ferrara
un'idea di: Marco Salicini
Non si tratta di giocare d’anticipo su mode o tendenze, bensì di affermarsi come portabandiera di un motto stimato e replicato, fautore di uno sviluppo progressista determinante per sviluppare e mutare il target turistico e le vecchie abitudini della clientela media.
Arrivarci per primi richiede tanto coraggio e dispendio di risorse ma se in partenza ci sono solide basi professionali e talento brillante, il percorso sarà sempre in discesa.
Il dinamismo e l’inventiva imprenditoriale messa in campo sei anni fa da Matteo Musacci e Claudio Bellinello hanno portato oggi Apelle, a rimanere un pioniere del bere bene e del bistrò europeizzato e al contempo a mantenersi fulmineo sul rinnovamento rispetto a chi è partito successivamente ai nastri di partenza.
E se Ferrara, che come tutte le principali città emiliane, rimane un terreno tortuoso, visto lo storico cultural gastronomico tramandato ortodossamente da intere generazioni (che per carità, ne vantaggia le peculiarità della nostra identità territoriale), aprissero format e progetti ancor più internazionali di Apelle, sarebbe una grande vittoria.
Prima di Apelle, concetti come l’alta miscelazione – connessa a shrub, fermentazioni ed infusi – le tapas, lo sharing intriso nel menù e le contaminazioni gastronomiche, erano un’utopia.
Nel corso degli ultimi anni invece diventa uno slang replicato con dimestichezza e interesse, ergo, alimenta efficacemente l’interesse popolare allenando e allietando menti&palati in comunione con altri colleghi, calamitando per di più visite di qualità dalle città limitrofe.
Direi che ho motivato, quanto di dovuto, le ragioni per cui vale la pena ammirare il centro storico estense e fermarsi senza impostare calcoli d’orario (in quanto la vitalità e l’energia emanate da questo locale divengono inevitabilmente trainanti) da Apelle, immergersi a mente aperta in quel melting pot sinfonico orchestrato dal camouflage internazionale dei cocktails del bartender Robert Paul Farcas (che vanta un’esperienza alle spalle prestigiosa nella grand hotellerie londinese e italiana) e della cucina ricercata di Martina Mosco (dal background illustre al Maze di Gordon Ramsey, all’Oblix di Becker e all’Antica Osteria Cera), che in pairing destreggiano una complicità mnemonica. Rigoglioso però è l’unicum di alto livello esercitato sia sulla distilleria che sulla carta dei vini, equazione tutt’altro che comune quando il bartending e i suoi affini, riflettono tale vigore. Invece la cantina è scintillante, attuale, ricca di spunti e di produttori strepitosi, strizzando l’occhiolino al naturale di caratura, centrando le etichette più smaglianti nelle rispettive zone di appartenenza ( quanto divertimento sulle bollicine italiane e d’Oltralpe nell’intro della carta). Il chilometro mille non detta legge in quello che è l’elenco dei fornitori : le “contaminazioni” nascono più dalle tecniche o dalla tipologia di condimenti, applicati su un etere materico prevalentemente annesso a prodotti SlowFood tracciabili o campanilisti, come le plateali Anguille di Comacchio e non solo.
Apelle oggi ha raggiunto una dimensione che potremmo qualificare come “definitiva” : il servizio è sincronicamente connesso nell’accoglienza, nei tempi e nei modi, i cocktails non disperdono mai una sfumatura ne una consistenza, la cucina accentua le sue tinte aggiungendo compiutezza e doti ferrate nel rispecchiare le peculiarità etniche vocative di molte ricette. Non a caso la chef a breve traslocherà nella nuova avventura intrapresa dalla proprietà : “Brododigò” , la trattoria di pesce devota al territorio che mancava, a testimonianza di quanto Apelle abbia raggiunto la sua maturità e stabilità per continuare a correre veloce, in autonomia.
Fin dagli inizi il copione delle voci delle vivande è stato scomposto, snodando l’ordine delle portate, indirizzando i tavoli a giocare, testare e divertirsi lungo un intrattenimento culinario tanto sofisticato quanto democratico, assemblato antropologicamente per elasticizzare le menti ad un connubio di sapori fusion particolarmente esaltante sulle contaminazioni orientali. Ed è già raggiante dall’aperitivo, dove la stantia stuzzicheria rinnova le proprie vesti sottoforma di bocconcini multietnici : edamame con soia fermentata, chilli con carne, hummus di ceci e olive al vermouth, introducendo ciò che di fermentato è applicato nella matrice dei cocktails. Punta di diamante il Negroni Brexit, con il gin cotto sottovuoto nella radice del rafano, amalgamando con destrezza, il corpo caratteristico del drink alle note vegetali, a vantaggio di una digeribilità soave; oppure scorrendo tra le signature stagionali (il rapporto qualità prezzo calmierato 10euro è di grande onestà), si balocca nella delizia replicata da tutti i blend, estrosamente equilibrati negli assemblaggi di note speziate, garbatamente amaricanti, balsamiche o burrose a vantaggio di una timbrica dolce persuasiva (l' Irish Man è uno dei drink dell'anno). Gastronomia & beverage occhieggiano dalle gustosissime “tapas” caramellando gli yakitori di manzo con una voluminosa salsa teriyaki preparata ad hoc, aggiungendo un groove non scontato dai calamaretti fritti e doverosamente crunch con un rub di lime e peperoncino su un acidulo&piccante estroversivo e che dire delle polpette, batteria di finger per veri edaci, dalla farcia calda e compatta preparata con crudo e patate e salsa di panna acida a parte o di manzo con la splendida e avvolgente bernese.
La chef ordisce poi veri e propri piatti animati da estensioni extra territoriali, creando un viaggio palatale acculturato anche nei sentori esotazzanti : le ceviche calde di mare galleggiano in un brodo esotico di “leche de tigre” , ricostituente e quasi terapeutico per la sua miscela aromatica erbacea, minerale, agre, piccante, dall’intensità prettamente inusuale. L’apporto “femminile” scaturisce e diventa determinante però negli eccezionali bottoni (simil – raviolini) di pasta fresca fatta in casa ripieni di castagne e insaporiti brillantemente con un jus di cinghiale dall’equilibrio umamico straordinario, riuscendo a evitare di adirare eccessivamente la salsa, a vantaggio di un perfetto concilio con la dolcezza della castagna. Idem per la battuta di cinghiale con i suoi fichi fermentati e cialda di riso, metamorfosi di dolcezza ponderata aggraziata da un assolo di freschezza per un finale favorevolmente sperticato.
Quando la sensibilità femminea è parte integrale di un bagaglio tecnico autorevole, i contrasti o le sfumature applicate riescono a sferzare gli umori basilari di molte composizioni, trovando divagazioni risolutive e il riceburger di pollo marinato matchato con kimchi, sesamo e stracciatella è un chiaro esempio del convivio e dell’esposto delle spezie. Semplicemente “di pancia” vale la pena godersi due evergreen oramai assemblati trionfalmente da anni : le ribs di maiale dalla glassatura fatale e l’hot dog di gamberi rossi - alter ego di un lobster roll che da Apelle ha fatto parlare di se. I dessert anche se restringono il campo, non vi lasceranno di certo delusi : il lingotto alle nocciole, caramello salato e crumble, oltre a conquistare assaggio dopo assaggio per la prestanza delle consistenze, accelera intelligentemente sugli zuccheri, assicurandosi di non lasciare delusi i golosi e di sgrassare il più possibile. La propensione di Matteo per il forno e i lievitati, radicata da un’attività familiare pluriennale, si percepisce al massimo sul buonissimo candore dei pani al naturale, presentati alla temperatura ideale su cui si sciolgono poco a poco, appetitosissimi fiocchi di burro mantecato in casa. Il conto che non va oltre i 15euro a piatto, mantenendo peraltro la media al di sotto, dimostra le facoltà d’impresa, nella gestione del food-cost e nell’essere riusciti a contraddistinguersi con un format innovativo lanciato in tempi non sospetti.
APELLE
Via Carlo Mayr 75, 44121 Ferrara
0532790827
www.apellecocktailbar.com
NB : Per questioni tecniche, il materiale fotografico presente nell'articolo è reperito dai canali social del locale