Sei qui: Gourmettoria La campagna sostenibile e golosissima di Max Poggi | Massimiliano Poggi Cucina
un'idea di: Marco Salicini
E’ un fil rouge che appare ininterrotto, quello rivissuto tra i gioiosi tavoli moderni di Massimiliano Poggi , rientrato al comando della sublime cucina a Trebbo di Reno dopo i due anni di blocco, causa covid. Utilizziamo il condizionale visto che è facile parlarne quando si è comodamente seduti e il sol pensiero è quello di lasciarsi trainare da una lunga sequenza di ghiottonerie emesse dalla brigata, lo è meno dal punto di vista imprenditoriale e bisogna assumersi l’incombenza di abbassare temporaneamente i sipari facendo i conti con i costi ingombranti di un ristorante di questo tipo.
E’ rimasta in silenzio solamente la sede di Trebbo di Reno, oramai considerata da anni come uno degli indirizzi top di gamma su Bologna e non solo, visto che nel mentre Poggi ha strategicamente pensato a quali potessero essere i diversivi più idonei customizzati nell'ultimo biennio assai funesto.
Un lavoro mirato e produttivo ha toccato Vicolo Colombina, snellendone l’aura del locale e rifocillando il menù a cui è stata donata un’impronta campestre sintonizzata con contemporaneità : magnifici arrosti della corte da condividere con i loro saporosissimi fondi di cottura e verdure a km0 cucinate ad hoc, grazie all’impegno di Marco Canelli, abilissimo a ridisegnarne la linea prima di rientrare qui a Trebbo per incalzare un ruolo comprimario. Non sono mancati di certo i tortellini in crema di parmigiano, tra i migliori in assoluto, nelle scale più alte delle preferenze della clientela al momento del check in ai tempi del delivery. A intermittenza ha impiegato a ripartire Al Cambio (lo stop è stato meno duraturo del Poggi Cucina), una delle “trattorie moderne” agli onori delle cronache da anni. La sessione estiva invece ha visto Max Poggi dirigere in prima persona "Battirame" la cucina solidale di Eta Beta, riprendendo il motto della sostenibilità e del recupero, puntando sulla freschezza con quel tocco di grazia toponomastico, riconoscibilissimo nel manico dello chef.
Un tragitto alquanto impegnativo da strutturare, coerente con la filosofia e il percorso professionale intrapreso da quando Poggi rilevò gli spazi della storica Locanda Al Sole qui a Trebbo, per questo affermiamo, che nonostante il lungo protratto di sosta, ritroviamo quell’alchimia radiosa che di certo non avevamo dimenticato.
Quella spolverata mnemonica ritratta nei sapori, incornicia oramai al meglio l’identità della cucina di Massimiliano Poggi e ne è stato a parer mio, il fattore più centrato del suo successo, risolutivo per certi versi, nel guidare una cerchia fidelizzata di clientela abituata ai bestseller della cucina tradizionale bolognese a continuare a mangiare con gusto e appagamento all’interno di un locale da fine dining, impostato lungo una prosa universalmente comprensibile e rasserenante.
Gioca appunto su questo il leitmotiv Divertiti, slogan del menù degustazione : “rilassati, condividi, stupisciti davanti alla presentazione talvolta ilare dei piatti e godi, riscoprendo quei sapori d’antan”, restaurati con una manovalanza strepitosa. Il tema centrale del menù più lungo “Quel che c’è quando c’è” sintetizza a fondo, il credo rigoroso sul no waste e sulla reperibilità dei prodotti, riducendo al minimo i tempi di conservazione a vantaggio del fresco, intriso negli ortaggi dettati dal clima e dalle stagioni e dalla salubrità degli animali da cortile, prediligendo allevamenti etici locali.
La campagna bolognese in cui Poggi si è rifugiato da anni, oggi assume un contesto sempre più coerente e identitario, mantenendosi universalmente idoneo ai palati di ogni età : si pensa sempre di meno e si assapora sempre di più, divorando piatto dopo piatto, ripulendo ingordamente ogni traccia a ritmo di scarpetta, azzuffando da quella cesta del pane mirabolante sfacciatamente buono per il blend di qualità con cui vengono interagite le farine a vantaggio di una masticazione scorrevolissima e incalzante.
Incalcolabile ne è il numero ingerito, al pari dei croccantissimi grissini all’olio e di una crescente bolognese pregna di ciccioli imperfettibile per umidità, temperatura, morbidezza e unto quasi sottratto.
Il corso naturale della stagione è il ritratto del benvenuto : da un brodo vegetale green ricostituente ricavato con tutti i ritagli della giornata (sul filone del “non si butta via niente”), olio e limone; una tartelletta farcita con fegatini, tartufo nero e composta di agrumi dall’effluvio olfattivo terroso e boschivo sciamanico, smorzato argutamente col finale dell’agro e la focaccina con topping di coppa di manzo della Macelleria Zivieri, parmigiano, rafano e yogurt. Doverosamente immancabile L’Insalata Russa il piatto più iconico e geniale nello storico questa cucina, ornamentata con il suo perlage cromatico incantevole e più volte revisionata per raggiungere quell’armonia, in termini di acidità, d’autore : caviale, senape, rafano, rapa e patate nebulizzate con vodka all’aneto compongono un mosaico vegetale affievolito dal suo piedistallo cremoso. Una delle novità capace di riesumare a fondo le usanze domestiche più ataviche è il Finto Pesce : patata bollita – maionese – tonno e capperi era il pastone burlesque a cui fa da genesi la ricetta del piatto, polvere di capperi, mousse di alborelle, finocchio marinato al sambuco e maionese home made ne destruttura “il pasticcio” ricavandone i sapori più tipici, graduando il salmastro attraverso un leggero soffio di mineralità; ripulito il piatto rimane il grazioso acquerello di un passerotto.
Il manico maiuscolo sulle salse e i fondi esercita un ruolo primario da qui in avanti, se indiscutibilmente questa cucina risulta ghiotta e golosa, ne va lodato il piglio tecnico che in questi termini ha poco da invidiare a molte altri illustrissimi colleghi; la capacità mostrata in termini di riduzione e densità al pari di cotture sartorialmente cucite a seconda dell’alimento, evitano proprio di ingolfare di stucchevolezza ancor prima il palato che lo stomaco. Incantevole il rognone di coniglio imburrito con salvia, rosmarino, aglio su purea di mele senapata e salsa di aceto di miele e mele, stemperandone gli umori, ingraziosendone le carni, edulcorando un’appropriata dolcezza a una carne di per sé virile come poche che nel suddetto si presta delicatissima.
La doppia salsa di pollo arrosto e parmigiano reggiano ripone quel lavoro meraviglioso che Marco Canelli ha dedicato alla Colombina, lasciando ricredere dopo gli austeri al rognone, gli scettici al cavolo riccio e cavolo cappuccio. Cinque tortelli dal ripieno vigoroso e dalla pasta setosa, spezzano intelligentemente il break delle salse, puntando su un ripieno di rafano, rapa e tre fiocchi di tartufo nero (di qualità) prima di un altro dei piatti più emblematici e insostituibili di Poggi, il fusillo mantecato con la cipolla bianca di medicina, la sua polvere e la rucola, a proposito di quanto dettagli non da poco, in questo caso co-protagonisti, come la callosità della pasta e la rucola, giovino a quell’avviluppamento piacentemente burroso e caramellato. L’inno del divertiti echeggia roboante nella sagoma del coniglietto di Playboy : il papillon è la carota arrostita, puré comme il faut tra i contorni delle orecchiette e del musetto e salsa di coniglio arrosto corroborante a colorarne la traccia. Tenerissima e saignant la coscia di germano trattata a mo di mousse, irrorata col suo fondo e seguita infallibilmente dalla salsa al marsala & gel di amarene selvatiche da cui spodesta la farcia del petto di quaglia foderato e cotto a bassa temperatura, madrina di una cucina di leggendaria manualità. Fa scalpore, arrivando quasi per ultimo per poi porsi sorprendentemente all’apice della degustazione, il petto di germano servito con purea di prugne, cipollotto arrosto e perlage di prosciutto e limone, distinguibile e memorabile per una testura prodigiosa. Il concetto di antispreco si sviluppa intorno a un'operazione anatomica sui mammiferi, che arrivano cacciati interi e sporzionati, rendendo edibile tutto ciò che è utilizzabile, elaborandolo con un diletto materico ingegnoso.
Nonostante il record di scarpette, non si sdegna da veri senza vergogna, uno dei tortellini in crema di parmigiano migliori del capoluogo felsineo, introducer della parte dolce – e che meraviglia – il sorbetto ai mirtilli con cremoso di mora, meringa al mirtillo e panna ai funghi, concettualmente e tecnicamente attuale ma soprattutto vispo, armonioso, rinfrescante e anatomico nell’essere riuscito a inserire ad hoc, un elemento rischiosamente eretico. L’affogato al caffè con panna appena montata a mano resta una delle meraviglie di questo mondo, si termina la cena con una piccola pasticceria foggiata a menadito che da grandi soddisfazioni : bigné nocciola e cioccolato, gelatina al lampone, macaron alla zuppa inglese, cioccolatino al bacio. Il locale ora insedia la campagna al suo interno con alcuni accorgimenti : le opere a tema Natura Morta dello scultore bolognese Nicola Zamboni, senza mai privarsi di alcuni divertissement originali e festosi. Elisa Paganelli con i tempi, i modi e l’attenzione giusta segue sapientemente i commensali in sala, illustrando una carta dei vini amplia ma che probabilmente non riesce a divertire quanto questa cucina.
MASSIMILIANO POGGI CUCINA
Via Corticella 61, Trebbo di Reno 40013 BO
051704217
www.mpoggi.it