un'idea di: Marco Salicini
Nell’epoca dell’ante guerra, Amerigo e Agnese erano “il riferimento” per tutti i viandanti e le bocche buone della zona. L’indimenticata Trattoria Cantarelli fu l’Eden di quella che da tanti anni è una delle trattorie più importanti dell’Emilia-Romagna. I nonni dell’attuale patron, Alberto Bettini, furono i fautori primordiali dell’accoglienza a tavola e della genesi culinaria: ortaggi, bosco, animali da cortile, pollame ma soprattutto quei piatti “poveri” e popolari, tipici e di recupero, icone di un paese in grado di portare rispetto alla sua cultura annessa agli usi e costumi d’epoca, come pochi altri.
Savigno è diventato un Comune musicalmente familiare oltre regione per grande merito di questa tavola. Ho sempre stimato e ammirato le capacità di Alberto Bettini, un nome destinato a rimanere permanente nella storia di quella che oggi è denominata Valsamoggia; non si è chiuso nel suo patriottismo, ha vissuto ed esplorato a fondo la diacronica gastronomia territoriale, percependone l’aura e il suo incredibile potenziale, valorizzandolo ed esternandolo al di fuori dei confini. Bettini è riuscito a far ciò che di grande alcune altre regioni italiane hanno preventivamente congeniato : il marketing.
Il marchio Amerigo 1934, inciso negli iconici vasetti intrisi di sughi, condimenti, paté piuttosto che confezioni di paste secche, bottiglie di olio e liquori lussuriosi è posto sui grandi scaffali di tutta Italia e non c’è affatto da stupirsi se le iconiche sillabe in maiuscolo etichettate, appaiono sulle credenze di popolazioni distanti oltre oceano.
Un’azione imprenditoriale impostata in tempi non sospetti, ovviamente replicata con tentativi tutt’altro che ficcanti da una moltitudine di attività e che peraltro è tornata di moda proprio nell’ultimo biennio pandemico. Pioniere del be to be e dell’e commerce, come viene oggigiorno esplicato con dimestichezza, riuscendo a mantenere inalterata la caratura autentica ed identitaria di un colossal troppo indipendente e autoritario per lasciar sì che la sua immagine possa diventare vittima dei compromessi.
Ancor più, tramite la sua Dispensa e l’autorevolezza della sua cucina, Amerigo è diventato un traino indispensabile e aggregativo di tutti i migliori produttori artigianali della zona : caseari, allevatori, contadini, vignaioli, hanno ampliato il proprio raggio d’azione e le capacità relazionali anche grazie a questa Tavola.
I forestieri oggi fanno parte di un bacino d’utenza multietnico : a Savigno nessuno si meraviglia più se vede alcuni stranieri passeggiare davanti alla propria bottega poco prima di accomodarsi all’interno di una delle quattro stelle Michelin bolognesi; perfino nella sua brigata Bettini ha accolto e interagito con civiltà distanti, aprendo le barriere di una cultura gastronomica così atavica e ortodossa come la nostra ad un confronto costruttivo e trasversale.
Attraverso un’identità ben precisa, conscia del tempo, insediata negli algoritmi ciclici stagionali, rigidamente etica nella scelta della materia e portavoce di ricettari autoctoni indotti con una vocazione che ne oltrepassa la nostalgia, ha raggiunto una forma che resterà per sempre antica e al contempo attuale.
L’unicum simultaneo espresso nella convivenza con le stagioni sfocia in un habitat elegantemente rustico e familiare, in cui colpisce l’ordine corrisposto tra i riquadri d’antan, la maestosa macchina da caffè (Faema E61), utensili – suppellettili fascinosamente vintage, manifesti d’epoca da collezione, facendo breccia nella saletta decorata con un trompe-l’oeil fiabesco, tematicamente dedicato alle sfaccettature campestri e faunistiche delle quattro stagioni.
E nel pieno di una stagione nefasta per la reperibilità di un tubero che in questo Comune ne è il cimelio, visitare Da Amerigo durante la folcloristica e pittoresca Tartofla potrebbe da un lato corrompere la pienezza dell’esperienza ma dall’altro, approfittare del momento clou per dedicare un intero menù ad un tartufo bianco oramai privilegiante, peraltro onestamente esposto nel rapporto prezzo-grammatura e voluminosamente servito di default sulla superficie delle pietanze.
Ammirevole il valore morale rivolto al pairing enologico : la carta, che di per sé non si tira di certo indietro nel predisporre virtuosamente eccellenti Champagne e favolosi produttori italiani (e la bonarietà dei ricarichi evita di indugiare), per l’occasione è incentivata esclusivamente sui Colli Bolognesi, selezionando le migliori soddisfazioni in termini d’uvaggio e annata per ogni protagonista artigianale del territorio (siamo a mio avviso da best seller).
In tavola il pane – a lievito madre - è quello contadino, con la varietà delle farine del Mulino del Dottore e le gustose tigelle, spugnose all’interno e croccanti in superficie.
Aderisce filologicamente con portamento, sensibilità e distinguibile scioltezza nel trattamento in cottura delle pietanze, Giacomo Orlandi riportato in patria dopo le soddisfacenti esperienze nel Rodano, ora a capo di una brigata che nel corso degli anni si è rivelata un portentoso trampolino di lancio per tanti giovani di bell’avvenire. E fin dagli antipasti, quali la polentina gratinata al tartufo bianco, la battuta al coltello di bianca modenese con tartufo scorzone, scalogno, olio extravergine e i trionfali dischi di tigelle con gelato di parmigiano all’aceto balsamico tradizionale affinato, si evince la prosperità e la finezza di tutti i sapori, eseguiti raggiungendo i criteri sopra la media in termini di temperature, aromaticità, consistenza, alchimia materica.
Sublimi i primi piatti, in cui è ben esternata la scelta la qualità e la tipologia di farine che – ammaestrate da mani magnifiche e premurose al mattarello – consentono di calcare sontuosamente il manto della sfoglia amalgamandolo su condimenti sopraffini, creando intingoli tanto corroboranti quanto armoniosi, persuadendo il piacere sulle tagliatelle al tartufo bianco e stupendo per la magistrale callosità al punto imperfettibile di cottura del passatello nobilitato ovviamente dalla trifola. Leggendario, “L’Uovo Amerigo”, ampolloso e pantagruelico, preparato montando gli albumi a neve ferma, postando il tuorlo su uno stampo ben imburrato e monitorando minuziosamente l’umidità del vapore, attimo decisivo per preservare la nebulosità del cappuccio di albumi che verrà stratificato con la fonduta di parmigiano & tartufo bianco, giocando sulla doubleface della cottura, lasciando defluire al taglio il tuorlo caldo ma crudo : praticamente un piatto unico. Cotture ermeneutiche ed erculee sulla cacciagione, in questo caso il taglio della coscia del daino viene leggermente affumicato con legno di ciliegio e pero al punto giusto per affievolirne l’intensità pur mantenendo le carni integre e naturalmente toniche, i vegetali di stagione – le erbe spontanee – i tuberi e i frutti rossi, attentamente testurizzati, completano quel riquadro boschivo veemente sulla metamorfosi autunnale. Tradizionalismo puro sui dolci, tra cui non si può tentennare dinanzi al gelato di crema d’altri tempi (a una temperatura di servizio più calda sarebbe stato perfetto nel suo stile), oppure c’è la mela in tre consistenze con il gelato al panspiziel del Bar Billi, antologia natalizia inarrivabile commercializzata tutto l’anno. I prezzi non hanno nulla a che vedere con quella Stella Michelin presente dal 1996, la qualità dei piatti supera diverse insegne griffate che da anni immemorabili la mantengono.
AMERIGO 1934
Via Marconi 14-16, Savigno - Valsamoggia ( BO )
0516708326
www.amerigo1934.it