Sei qui: Gourmettoria Bertozzi, la trattoria simbolo di una bolognesità irriducibile dall'atmosfera al piatto | Trattoria Bertozzi
un'idea di: Marco Salicini
Alla fatidica domanda : ” Mi sapresti consigliare un’osteria tipicamente bolognese” che ci viene solitamente posta da amici e conoscenti in gita in città, all’apice dell’elenco vi suggerisco di piazzare sempre la trattoria Bertozzi di via Andrea Costa. Ci sono tanti validissimi motivi per invitare nel locale di Fabio Berti e Alessandro Gozzi chi Bologna la conosce poco e in poche ore a tavola (anche se a dire il vero, si passa sempre molto volentieri più tempo del previsto) spetta una bella infarinatura di tutte le sfumature di ciò che noi “local” intendiamo con il concetto di bolognesità.
D’altronde se ci pensiamo, cosa si aspetta chi conosce la nostra nomea da fuori ma non l’ha mai vissuta in prima persona? Convivialità, calore, informalità, sostanza e tradizione.
“I Bertozzi”, che non sono fratelli come frequentemente gli tocca ripetere (il nome della trattoria nasce da una sincrasi dei due cognomi) ad ogni visita, sono capaci di regalare nella massima espressione, un’esperienza tipicamente bolognese al 100%.
L’identità toponomastica che possiede questo locale fatica a reggere altri paragoni : nei dettagli degli arredi ad esempio, compaiono i luoghi comuni, gli usi e i costumi, la storia e lo humor pittoresco del capoluogo emiliano, basta solo osservare. E' un rifugio per la Bologna sportiva da cui emergono confidenze e dietro le quinte, un ritrovo per i personaggi della città spogli dalle vesti poliche, attoriali o istituzionali. E non diventa difficile nemmeno per “i timidi” lasciarsi trascinare dalle battute dissacranti, originali e taglienti che i due titolari scambiano tra i tavoli con una disinvoltura da cabarettisti nati. Un aspetto importante però mi preme specificarlo : chi pensa di venire qui per assistere a una caciara preimpostata per abbindolare il cliente è completamente fuori strada. Se con i Bertozzi si ride e si scherza, questo è un aspetto che fa parte della loro umanità e di quella predisposizione connessa al contatto diretto con il pubblico. Non ci troviamo in quel famoso locale di Roma, per intenderci o in altre locande che si visitano per un addio al nubilato o per essere presi per i fondelli a priori e parlo anche della cucina che qui è cosa seria : ricettari antichi e conservatori, sapori perpetui, autenticità, stagionalità e freschezze artigianali del territorio. Non è il posto della cotoletta ricolma di panna, o degli affettati mainstream serviti gelati. Nemmeno dei vini di massa, dei dolci stucchevoli o delle lasagne surgelate.
Fabio e Jacopo Berti : ironia ed empatia nel servizio in sala. La vignetta dei Bertozzi e il menù.
I funghi, buonissimi, in tutte le loro varietà sono quelli di stagione, i tartufi vengono ammessi solo se profumano veramente, le verdure utilizzate per i condimenti delle paste – fuori menù – compaiono nei momenti giusti dell’anno. I fornitori per la stragrande maggioranza degli alimenti che assaggerete, sono artigiani di una volta : dal fornaio con il suo pane all’antica, alle meravigliose sfogline di San Giovanni in Persiceto per le paste all’uovo.
Il menù ha un’ossatura storica impermeabile a ogni tipo di tendenza, gli abitudinari per cui non basterebbe un almanacco per catalogarli, potrebbero recitarlo a memoria. Riesce molto bene a Jacopo Berti ad esempio, insediato fin da subito con uno stile tutto suo e una personalità affine all’emisfero bertozziano, mostrare una dimestichezza bilingue rivolta agli stranieri che giungono oltre le mura ben indirizzati. Molti di essi, rimangono pienamente soddisfatti da lasciarsi guidare verso una cantina propulsiva, forgiata di Maison di Champagne, grandi rossi del Nord Italia e vitigni rassicuranti dei nostri colli, collocabile ben al di sopra delle ordinarie referenze dei locali alter ego. Unitamente a Berti Jr, un altro under trenta volenteroso e stacanovista ha afferrato il timone di questa cucina mostrando devozione, ascolto e apprendimento : Riccardo Bonfiglioli dimostra che esistono ancora quei giovani disposti ad accusare qualche scappellotto per giovare di un futuro inquadrato e in discesa. Fabio Berti – che per tutta Bologna è Olly – cuoco di manico che in carriera ha macinato un’epopea di comande con gli occhi lungamente vispi sui tempi e la prestanza delle cotture, gli ha inculcato col bastone e la carota i segreti del mestiere, dandogli fiducia e libertà e i risultati si avvertono eccome.
Il pane, i taralli e gli gnocchini bolognesi. Il gramignone al torchio, una formidabile lasagna verde bolognese, le strettine con petto d'oca e scaglie di pecorino.
Si gode, schiettamente e platealmente sulle paste, arrembando su un gramignone al torchio aitante e calloso fagocitato con un ragù di salsiccia robusto e succulento, oppure nella ricetta della casa, la gramigna Bertozzi dove duetta il dolce-sapido intriso nel generosissimo intingolo di guanciale, zucchine, zafferano e parmigiano reggiano. Primi piatti mai sciapi, leziosi o lascivi : alla voluttuosa strettina verde ponderatamente legata & cremosa, rimane netta la leggerezza dolce e fumé del petto d’oca addizionato dalla spinta sapida e complementare del pecorino. Tagliatelle e strettine che accentuano un “unicum” al palato e alla masticazione con i loro condimenti di stagione, rassicuranti e gustosissime quando incontrano ovuli, galletti, porcini o vengono stratificate col tartufo ma un bel tuffo nella ghiotta, intensa e grassa marca petroniana lo esprime quel brodo di cappone in cui i tortellini osservano le stelle (e le lasagne che hanno funto da antidepressivo durante i lockdown, non vanno sorvolate quando compaiono nei “fuori menù”).
Un salto indietro, negli antipasti in cui croccantezza e freschezza sono immancabili nell’insalata di ovuli o carciofi con l’immancabile inserto timbrico emiliano del parmigiano o il fastoso tortino di patate con crema di Parmigiano Reggiano, mousse di Mortadella e ristretto al balsamico. I secondi piatti non appartengono solamente al tripudio degli umidi e dei brasati e del loro tepore tipicamente calorico e invernale; la qualità delle costine d’agnello viene preservata sulle fiamme, arrivando al morso tenera e succosa, le polpette all’antica con i piselli sono eteree, non conoscono stagionalità, fanno ricredere attraverso la loro infallibile flessuosità e corroborante sugosità, tutti quegli austeri devoti a vita al partito della “mia nonna alla domenica”. E’ lodevolmente migliorata la cotoletta alla bolognese, serenamente collocabile tra le più buone della città, certo avrà da ridire chi – a proposito di partiti – non transige sulla fetta di vitello rigorosamente abbattuta ma lo spessore del prosciutto glassato col brodo e la grattugiata di parmigiano, all’unisono compongono uno strato armonioso e resistente, incidendo sull’integrità dei sapori di una delle pietanze più golose e acclamate della nostra cucina. Le cilindrate gastriche più temerarie si concedono un’aggiunta tutt’altro che dietetica e vegan dalle verdure di contorno, che seguono fedelmente l’incipit pantagruelico : spinaci “ripassati” al burro e parmigiano, ampollose patate saltate abbrustolite, il friggione o quelle zucchine col ripieno dei tortellini (che in realtà fanno parte dei secondi ma talmente sono buone che non se ne può fare a meno) spudoratamente goderecce, fobiche dei dietologi.
Le deliziose costolette d'agnello e l'appagante cotoletta servite entrambe con patate / l'eroico friggione / un must "le polpette coi piselli"
Non vi salverà sicuramente dalla spietatezza della bilancia ma vi aiuterà a limare i sensi di colpa dai dolci, quel diabolico assortimento di grappe e liquori, perennemente ricolmo e scattante all’uso. Lo sottolineo non tanto per spronarvi all’alcol, quanto a sottolineare che i trascorsi di Olly da gelatiere e “dolcista” sono l’ultimo grande atto dei peccati di gola : oggettivamente invincibile quella panna cotta priva di colla di pesce ma su tutte le altre soluzioni echeggia la gioia di godere e stare a tavola. Inzuppare la tenerina o il salame al cioccolato su un mascarpone montato con le uova freschissime, in rima con un gelato alla crema “Buono da perdere il lume della ragione” (esclamava l’indimenticato Marco Panichi) è una panacea. Uova alla vecchia maniera capaci di risplendere su una zuppa inglese che seppur priva di cacao, ha una consistenza cremosa al cucchiaio regale mentre per quella della torta di riso, va chiesta ai ricettari domestici di Alessandro Gozzi che si sdoppia tra sala, cucina e comunicazione con grande tatto e perspicacia. Conto sui 40 euro per un bel pasto, esperienza conviviale impareggiabile inclusa.
La zuppa Bertozzi / Il salame al cioccolato che abbiamo impiattato con il gelato di crema / La superlativa panna cotta
TRATTORIA BERTOZZI
Via Andrea Costa 84/2 D, 40134 BO
0516141425
www.trattoriabertozzibologna.it