Sei qui: Gourmettoria Nei boschi dell'alpe, il rifugio con crescentine da urlo, vini naturali e prodotti rigorosamente locali | Rifugio Fantorno
un'idea di: Marco Salicini
Si toccano i 1.600 metri di quota, percorrendo il meraviglioso sentiero naturalistico che da Piamaggio giunge fino all’Alpe di Monghidoro. Dal Museo della Civiltà Contadina si possono intraprendere diversi percorsi, ammirando i boschi di faggio, i campi di lavanda, le felci, le sorgenti e i presepi che arricchiscono una delle tappe ideali per trekking e mountain bike più apprezzate su questo versante appenninico che confina l’Emilia con la Toscana. Dopo un lungo cavalcavia burocratico partito dapprima della pandemia, segnato da tutti gli iter del bando comunale e dal doveroso restyling, laddove per molti anni l’Osteria del Fantorno ha rappresentato un dignitoso punto di ristoro per la clientela locale e gli appassionati, un team affiatato e ambizioso di giovani monghidoresi da circa dieci mesi ha avviato un concept brillante, dinamico e decisamente propositivo per la gastronomia della zona, espandendo e valorizzando a fondo l’espressione del territorio.
A dirigere un’orchestra di rampanti ventenni c’è Marco Marchioni, elemento fondamentale per trovare il giusto punto d’unione tra le idee in continuo fermento dei suoi collaboratori, le peculiarità paesaggistiche del territorio e l’aspetto gestionale. Quella che per molti anni era un’osteria aperta prevalentemente all’orario di pranzo si è tramutata in un vero e proprio rifugio di montagna.
L'estate e l'inverno al Rifugio Fantorno : pranzo con vista.
“Il nostro focus si concentra a tutto tondo, cercando di promuovere e valorizzare in ogni dettaglio l’identità di questo territorio, per questo era fondamentale garantire un’accoglienza elasticizzata alla poliedrica mole di avventori che in tutti i momenti del giorno e dell’anno passano per l’alpe. L’attività motoria e sportiva rappresentava già per noi monghidoresi un forte motore di turismo e mobilitazione, in più l’interesse è progredito maggiormente dopo il primo lockdown. Molte persone provenienti da altri comuni ha sviluppato un forte interesse per la provincia e l’appennino e l’enogastronomia deve muoversi come un vettore simultaneo. Ergo, vogliamo essere apprezzati sia da chi vuole venire da noi appositamente a pranzo e a cena per provare una cucina tipica, sincera, tracciabile e di riflesso per la flora e la fauna che ci circonda ma anche garantire prontamente un servizio rivolto a chi passa nelle prime ore del mattino o in pieno pomeriggio per una ciaspolata o una camminata” afferma Lorenzo Pinardi, colonna del progetto e responsabile di sala.
Il Fantorno fa proprio questo, un progetto “democratico” e trasversale, di apertura verso tutti i canali possibili che possano far risplendere le attività e le bellezze di questa area montanara. Dalle colazioni con le torte fatte in casa fin dal mattino, gli intramontabili zuccherini caserecci di montagna del forno Gamberini e Lipparini o le merende, in cui alla parte dolce (durante le stagioni calde ci sono i gelati di una volta, serviti a piacere con la frutta, della gelateria Touring) si associano sandwich e panini con ingredienti artigianali miratamente selezionati ed è così anche per i mitici e immancabili bombardini, gli infusi al whiskey, il succo di mela con la grappa servito bollente, le cioccolate in tazza e via andare.
Alcuni dei vini naturali dei produttori emiliano romagnoli.
“Strutturiamo diversi eventi collaborando con i commercianti di paese che hanno voglia di mettersi in vetrina, proporre e rendersi parte attiva e futuribile del paese. Abbiamo organizzato bellissime giornate al fianco di altre realtà : dal festival di birre artigianali, alle mountain bike & trekking, le ciaspolate notturne all’alba che diamo in dotazione a noleggio, durante l’estate le cene con l’astrologo che a fine pasto offre la possibilità di rilassarsi al fresco godendosi uno spettacolare panorama stellato che supervisiona il nostro bosco. Finalmente da poco abbiamo inaugurato anche le nostre camere per pernottare”, ricorda Pinardi.
La vision ha impresso una sferzata brillante rispetto agli standard, a partire dai fornitori : “Dovrebbe essere scontato ma ahimè molto spesso non lo è. Evitiamo le grandi distribuzioni e lavoriamo esclusivamente con i piccoli artigiani e fornitori locali, monitorando quotidianamente l’intero processo della filiera, penso sia la strada più coerente per redigere una proposta autentica, di qualità e di crescita collettiva”.
Da “Il Forno di Calzolari”, istituzione che da Monghidoro ha intrapreso una vera e propria ascesa nella ristorazione bolognese, arriva il pane; le verdure e la frutta di Cà de Cesari di Rastignano sono peraltro sorgenti della giardiniera e di altrettanti vegetali autoctoni nei sott’oli e sottaceti fatti in casa, le carni per i suini (tra cui emerge una salsiccia spettacolare) si attinge dagli allevamenti di Quinzano e vengono prelevati direttamente dalla bottega di paese La Terrazza del Gusto mentre per i bovini (in carta figurano le costate) l’Azienda Agricola Bartoli e Sant’Andrea a Val di Sambro di cui il Fantorno è l’unico ristorante che viene fornito. Si guarda invece dall’altro versante per le uova dell’allevamento a terra di “Muratori Remo” a Creda e per i salumi che provengono da Franceschini, ottima realtà di Savigno. Al pari viene eseguita con la medesima etica ed attenzione, il reparto beverage : “ Non possiamo proporre una cucina salubre al fianco di vini, birre o distillati convenzionali, sarebbe un enorme paradosso. Dall’apertura abbiamo intrapreso un percorso con Lortica di via Mascarella per i vini naturali (proponendoli anche al calice e in caraffa ndr), cercando di muovere la cantina il più possibile al ritmo del menù. In carta non ci spostiamo dalla ventina di etichette, Gradizzolo – Aurora- Bortolotti – Ancarani – Caccianemici – Il Pilò – Erioli – Ferretti e Tomassetti fanno parte di un elenco di piccoli artigiani del vino all’antitesi di tutte le disgressioni dell’industrializzazione, ragionano al nostro pari, recuperare e salvaguardare il dna del territorio, attraverso un metro biodinamico sostenibile ed ecologico riversato sulle piante e sull’ambiente. Per le birre artigianali italiane ci si affida a Lab Distribuzione (Lariano, Bellazzi, Brewfist, La Gramigna); gli amari a fine pasto provengono dalla distribuzione artigianale di Simone Grossi “Spirito Giusto”.
Crescentine, eccezionali e companatici.
Nel menù, il “bestseller” è rappresentato dalle crescentine, che già dalle gestioni precedenti erano la colonna vertebrale della cucina. Il risultato è sorprendente : l’impasto realizzato con farine di grani alti macinati a pietra (quelli di Calzolari ndr), ne conferisce una friabilità altisonante, pur salvaguardandone l’elasticità, evitando di sgretolarla e decomporla anche per merito di una frittura applicata quasi prettamente ad hoc. Indubbiamente parliamo tra le migliori crescentine per formato, sapore e masticabilità dell’intero panorama metropolitano. Vengono servite assieme a un generoso assortimento di affettati di suino e selvaggina, formaggi (anche in questo caso si ragiona seguendo un’etica ben precisa a produzione limitata, attingendo dall’Azienda Pagliana Bio di Firenzuola per il pecorino e l’ovo caprino che fornisce pochissime attività e dall’Azienda Solaria Bio di Loiano per caciotta vaccina e ricotta) e verdure sott’olio, rappresentando più che un antipasto un vero e proprio pasto completo.
Tagliatella ai funghi, gnocchi al ragù di salsiccia, umido di daino, carpaccio di carne salada e giardiniera. In basso monte bianco, mascarpone frutti rossi e torta di mele con panna.
Sarebbe però riduttivo ignorare un menù mai esasperato ma meritevole, soprattutto sulla bella tagliatella ondulata, burrosa quanto basta e appetitosamente amalgamata ai funghi di stagione, così come gli gnocchi, oggetto di una cottura puntigliosa che non ne sfalda la consistenza ne sì inclina verso l’effetto colloso e la corrispondenza che gioca un ragù alla salsiccia corposo ed efficacemente succulento ne è la controprova. Buona anche la fattura dei balanzoni, uno dei primi piatti più apprezzati, che potrebbero smaltire un po’ di densità nella crema di parmigiano, già più definiti invece i tortelloni di zucca con fonduta di gorgonzola e crumble di amaretti per una virata sul dolce in un morso ghiotto e soddisfacente. Tra i secondi piatti prevale un daino in umido sorprendentemente scioglievole e assimilato allo sciabordio armonioso intercettato da ortaggi e spezie, un assaggio che riporta alle migliori pietanze servite in alta quota : “ La selvaggina ce la fornisce l’azienda Sant’Uberto di Monterenzio, viene cacciata allo stato brado ma lavorata nelle 24 ore successive. I tessuti di queste carni “nere” sono straordinariamente morbidi e già ben ripuliti dai loro umori selvaggi, ottengono una delicatezza unica” sottolinea Pinardi. Tagliata di cinghiale o manzo con riduzione di vin brulé, costate e a proposito di tenerezza e succosità le costine di maiale marinate intensamente con miele, paprika e verza, per condividere patatine fritte e un friggione attentamente leggero. In inverno un menù a parte è illustrato per la polenta :” zafferano e farina di mais le preleviamo dall’azienda agricola Marco Lelli : sono prodotti radicalmente montanari, coltivati sopra gli 800metri, hanno un sapore pieno dettato dal terreno argilloso, permettendoci di lavorare una pietanza della memoria che riteniamo analogicamente nostrana. La serviamo con formaggi, ragù di salsiccia, funghi porcini, umido di daino”. Tipicità imminente anche sui dessert, su cui c’è modo e maniera di sgrezzarli (vedi lo strudel di mele) : profitterol, mascarpone, mousse, panna cotta, torta di mele con panna montata e il monte bianco ,quello che c’è piaciuto di più, molto dolce è vero ma altrettanto voluttuoso nella sua doppia spuma : panna montata, guarnizione di cioccolato, spaghetti di castagne alla base, servito in tazza.
In cucina c’è Filippo Marchioni, le ambizioni partirono in età adolescenziale, durante lo stage al Magnolia con Alberto Faccani; ai tempi Pinardi sgobbava nell’altro stellato, Guido dai fratelli Raschi. Si ritrovarono poi nei vari agriturismi di zona e Lorenzo è stato in sala per più di un anno sotto le due torri, nel ristorante “Antiaging” Libra. Visti i numeri e i tripli turni (se poi è davvero possibile conteggiarli) bastava un nonnulla per rendere questa “baita” una fucina dozzinale con una vita a sé e invece anche l'accoglienza è pimpante, sorridente, gentile e ti invita volentieri a ripetere giornate lunghe del genere anche se devi impiegare 40km di strada.
RIFUGIO FANTORNO
Via San Pietro 70, 40063 Monghidoro (BO)
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