Sei qui: Gourmettoria La cucina gourmet golosa : materie prime di livello, emilianità e contaminazioni nei 7 Passi di Erik Lavacchielli | Fourghetti
un'idea di: Marco Salicini
Il Fourghetti entra sempre più prepotentemente in prima linea nella scena gastronomica bolognese. E’ bene sottolinearlo, soprattutto in un momento storico in cui il peggio della pandemia dovremmo essercelo messo alle spalle e credere finalmente nella ripartenza a 360°. Questo perché i ristoranti che nell’ultimo biennio hanno dovuto sopperire algoritmi allucinanti, tra chiusure – servizi disossati e paure, possono piano piano ricucire le ferite e trovare una continuità sana e, dal canto nostro, riordinare con esattezza il panorama della ristorazione.
Il ristorante con locanda di via Murri, lo abbiamo già più volte sottolineato, non ha avuto sicuramente un percorso in discesa : il clamore e le aspettative sbandierate dalla stampa all’apertura che coincidevano con l’ascesa mediatica di Bruno Barbieri, in una città così rigida e ortodossa quando si tratta di contestualizzare la tradizione sotto forma metropolitana, hanno creato voci di corridoio alquanto malsane. Sarebbe stato molto più produttivo dare tempo e premiare un locale che prima di tutto aggiungeva una proposta di qualità e tutt’altro che scontato, presentava una delle strutture più affascinanti, moderne e ricercate al capoluogo emiliano, per di più in uno dei quartieri più eleganti e comodamente percorribili dal centro storico. Discorsi triti e ritriti ma che ho voluto rispolverare per lodare l’impegno e le grandi attitudini che ha messo in mostra l’executive chef Erik Lavacchielli : le chiacchiere da bar se le ha scrollate di dosso, ha sostenuto il peso mastodontico di costi e dinamiche complicatissime durante il covid riuscendo a creare un menù superiore e di piena maturità rispetto ai precedenti, non ha mai smesso di ricercare e sposare fornitori e artigiani meno inflazionati ma di altissima caratura tra cui le carni frollate della Macelleria F.lli Zenere cotte sul prestigioso barbecue Kamado (un pezzo da novanta) piuttosto che il caviale Voyage & Oscietra Premium, entrambi esempi brillanti di ciò che significa rispettare un’etica rigorosa a 360°, dall’accudimento della specie – alla produzione – fino al consumo. Il trentenne perennemente solare e sorridente di Pavullo è l’unico superstite dalla brigata iniziale e dopo l’uscita di Barbieri, c’ha messo la faccia, ha per l’ennesima volta dimostrato di essere nato di grande, di saper reggere un’incombenza insidiosissima. Maturità professionale & culinaria che l’hanno contraddistinto fin dai primi passi, quando dopo l’alberghiero di Serramazzoni si diresse direttamente a Londra alla Locanda Locatelli prima di seguire l’altro volto di Masterchef dal Cotidie alle più importanti capitali in giro per il mondo.
Le sculture all'ingresso / L'aperitivo con il campari rivisitato con soda e liquore di mora / Il servizio dei formaggi d'alta langa.
Nell’ultimo biennio con una delicatezza chirurgica ha continuato a ritoccare i menù ad ogni cambio di stagione, captando come sincronizzare le esigenze della clientela (non dimentichiamoci che un locale così deve marciare parecchio), stabilizzarsi su un livello qualitativo di fascia alta, esporre la sua espressione per ridisegnare nella maniera più chiara e convincibile possibile il nuovo volto gastronomico del Fourghetti. A seguirlo passo dopo passo, il giovane manager Chris La Sala, figlio dei due titolari milanesi : l’esperienza meneghina e i lunghi anni a Miami si riflettono nelle costanti partnership con architetti e artisti contemporanei che imprimono alla sala un design stilistico esterofilo (ammirabile nei pittogrammi, nei materiali minimal e negli estrosi allestimenti) e l’american bar più prestigioso in città. Aggiunge poi quel tocco motivazionale in termini di proposta e di vision dell’under : dai doppi spazi esterni (l’ingresso ideale per l’aperitivo e il garden per i menù conviviali al barbecue), alle "esterne" con le quali la brigata si è interfacciata servendo e riverendo le troupe e gli staff dei più importanti festival cinematografici italiani ad esempio; oltre a delle cene Convivium a quattro mani di assoluta rilevanza per la città (prima di Natale hanno duettato con Lavacchielli, Yoji Tokuyoshi della Bentoteca ed Errico Recanati dell’Andreina).
E se ora il topic del menù degustazione assume tutt’altro spazio nell’esperienza, il Fourghetti non ha di certo smarrito la volubilità da bistrot : dinanzi a una bottigliera da mille e una notte, forgiata da rhum, whiskey, vermouth e distillati artigianali non convenzionali, il bartender Matteo Eusebi presenta una cocktail list studiata attentamente in ogni dettaglio, appuntando un’apparente semplicità in termini di sottrazione, senza mai banalizzare o sottovalutare le presentazioni riprese dall’identità delle ricette, puntigliosamente complete in termini sensoriali, mai ruffiane e tendenti al dolce, sorrette da syrup, liquori officinali, agrumi, spume per etichettare con eleganza, artigianalità, digeribilità attraverso sfumature acide – citriche e talvolta balsamiche. L’aperitivo (doveroso) prima del menù è seguito dai popcorn caldi al parmigiano homemade (esposti nella vistosa ed iconica macchina), mandorle tostate, olive e un assaggio dei formidabili formaggi vaccini e affinati provenienti dal Piccolo Brite di Cortina in pairing con la chutney mela, zenzero e blend di spezie indiane curata dallo chef.
I pani fatti in casa prontamente riserviti / Il benvenuto / Il salmone / Il tonno rosso
L' amuse bouche ben rodata si spartisce negli assaggi della succosissima cotoletta alla bolognese mignon su crema di parmigiano con prosciutto croccante, mini pan brioche con burro e acciughe, doppia cialda croccante ( la prima di pasta fillo all’origano siciliano e la seconda servita con salsa all’aglio cotta nel latte e una salsa al pomodoro arrostito).
Il font del menù 7 passi (70 euro a persona ma si può scegliere una proposta ridotta da 5 portate a 50euro e i due percorsi premium interamente “grill” di cui abbiamo recensito in passato : o differentemente con l’aggiunta del caviale oscietra premium) è alquanto chiaro; Lavacchielli non si pone né davanti né alle spalle della materia prima, sta al fianco, rispettandola e completandola in altri casi attingendo a un bagaglio tecnico-conoscitivo internazionale ma anche tanto territoriale, dove emerge piena e generosa la prestanza dei sapori emiliani grazie ad una presenza perennemente attiva e vicina dello chef in cottura, riflettendo accorgimenti “antichi” dalle grandi cucine classiche, soprattutto sulle paste. E quando affermiamo che il livello delle materie prime è importante, lo captiamo da come il salmone (viene marinato e leggermente scottato) massaggia il palato ricucendosi analogamente con la croccantezza delle puntarelle, la salsa di yogurt e il dashi di katsuobushi – cardoncelli – alga per un brodo minerale e ripulente a sgrassarne la boccata evitando di sorpassare l’evidente gustosità del salmone. Medesimo principio applicato sulla tartare di tonno rosso dell’Atlantico, appena condito con olio,sale,pepe e servito con pan di spagna salato al prezzemolo, bieta con aglio, olio, peperoncino, caviale di salmone e una salsa patate e spugnole; un viavai di complementi e suppellettili stuzzicanti che solleticano l’assaggio variando componenti sapide iodate, acide, piccanti e tenuemente amare, pensate per coronare la materia prima lasciandone l’impronta predominante.
Il manzo affumicato / Il cannellone / Gli Gnocchetti / Plin con ribs gremolada e demi glace
Break di rottura sull’affumicato del carpaccio di manzo della Macelleria Zenere, di una tenerezza saignant meravigliosa, va goduto in purezza o abbinato al battuto di melanzane servito a parte con salsa tonnata e salsa bbq per un duetto assonante sull’acidità e l’agro, tra le pietanze più memorabili in liason con il principio di selezionare e valorizzare le materie prime trattate. Si gode appieno di pancia su tutti i primi piatti, accentuati da cotture inappuntabili, sughi & condimenti intensi, vividi e saporosi : il ragù d’anatra che cosparge un cannellone dalla sfoglia sottile e dai bordi croccanti è magistrale, in superficie il formaggio d’alta langa grattuggiato, alla base la crema di parmigiano : dolce & sapido, edule e rotondo, ben proporzionato in tutte le componenti. Evita peraltro di risultare eccessivamente ingombrante e voluminoso, lasciando spazio agli gnocchetti di zucca e ricotta serviti direttamente sul tegamino (consistenza della pasta eccellente, né troppo collosa e né sfaldante), saltati con capasanta e rifiniti con salsa di foie gras (crema di foie gras – alloro e polvere di pomodoro e capperi) presentando un mari&monti voluttuoso, grasso, burroso , deliziosamente persuasivo che corona la supervisione manuale totalitaria dello chef, riprendendo un manico d’altri tempi. Cum laude i plin con ribs di manzo, gremolada e demi glacè, anche in questo caso la persistenza in bocca della pasta è un bengodi per la masticazione : l’accenno iniziale virile e carnoso viene limato dal trito di gremolada per la pungenza da spartiacque tra il ripieno e la demi glacè, nuances lietamente acidule quasi umamiche, compattando un insieme corroborante. La buonissima tempura riveste il baccalà con pomodori neri, salsa ai pinoli, jalapeno e spuma di patate; ricetta che conferma quanto e come il trattamento dei condimenti vegetali non spegne né disgrega la nettezza e la consistenza dei sapori di mare.
Il baccalà in tempura / Il cervo / Tarte tatin, semifreddo al pistacchio e in basso l'irresistibile Coppa Machiavelli.
Tenerezza stupefacente sul cervo, marinato con camomilla e fieno, ripassato al barbecue, servito con cardoncelli al limone, germogli di piselli, nocciole tostate, fonduta di toma e demi glace del cervo, mantenendo alto e gaudente il livello dei fondi di cottura che gioca di ripresa dopo l’ascensione del sentore fumé dalle altre componenti : pietanza nobile nell’orchestra poliedrica degli ingredienti a cui non manca nulla per imboccare il palato di ogni consistenza e sfumatura dei sapori; nulla di mai troppo aggressivo per giunta osé in quanto il raggiungimento dell’appagamento e della pienezza gustativa configura il risultato di ogni portata. Le fondamenta di Lavacchielli tra l’arte bianca e il comparto pastry si evidenziano nella bontà di pani e focacce (sofficissimi, ben cotti e digeribili) e nella spudorata golosità stratosferica dei dessert (infallibili per consistenze e temperature e non è così scontato).
La ghiotta cremosità della coppa machiavelli, crema pasticcera alla vaniglia, gelato al mascarpone, riduzione di lambrusco e frutti rossi per il frangente macerato e sciroppato ad assorbire il carico di uova; il provocante semifreddo al pistacchio con zuppa di cioccolato bianco e rhum e polvere di arancio per l’aromaticità e infine l’eccellente tarte tatin alle mele candite, con crumble e gelato al latte nell’avvincente diatriba di temperature. Il servizio, giovane molto attento e numerosissimo, deve inevitabilmente trovare affiatamento visto il recente ingresso di massa, la cantina ha evitato di esasperarsi aggiungendo dall’ultima visita, piccoli produttori meno pop al fianco di etichette di fama ed è destinata a garantire tutte le soluzioni possibili per il target del locale, accordandosi.
FOURGHETTI
Via Augusto Murri 71, 40137 BO
051391847
fourghett.com/bologna