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un'idea di: Marco Salicini

 

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E’ un incanto ammirare nella più totale quiete e intimità di Piazza Betlemme, le scenografie che l’artista Gino Pellegrini disegnò appena rientrato da Hollywood nel non troppo lontano 1982, reduce in prima linea, da alcune pellicole internazionali di grande successo. I successivi raffreschi ampliarono ulteriormente le animazioni campestri dipinte sulle case, creando un set straniante quasi illusorio tra ciò che è reale e ciò che invece è opera dell’estro artistico, confutando la reale esistenza di porte e finestre.
Un paradosso pensare che questo omaggio avvenne per riqualificare un’area di degrado di San Giovanni in Persiceto che da allora divenne un tripudio festante cartoonesco tra asini alati, oche giganti, ranocchie, ortaggi fuori scala, campi coltivati mantenuti perfettamente intatti dal sentitissimo senso di appartenenza e rispetto mostrato dai cittadini nel volontariato di restauro. Quasi simmetricamente al capolavoro fiabesco che tutt’ora attira l’occhio di grandi, piccini e passanti nacque la Trattoria Piazzetta, narrata spesso dai cronisti gastronomi per l’avvicendamento nel 2013 di Stefano Bicocchi in arte Vito, attore e cuoco per il Gambero Rosso, che rilevò la gestione pluriennale di Paolo e Gianna Manzini. Dopo qualche cambio di testimone, in cui peraltro è sempre andata in scena una cucina emilianissima, ghiotta e appagante, l’inversione di rotta l’ha introdotta da nemmeno un mese il giovane chef ventinovenne Mattia Turcato, rientrato a casa dopo una duplice esperienza di prestigio alla corte del Ristorante stellato Atman di Marco Cahssai. E’ stato un coup de coeur la nostra visita, un’ennesima conferma peraltro di quanto questo frangente di provincia stia assimilando una mole di ristoranti, drogherie, enoteche e wine bar che partendo da San Giovanni e proseguendo fino a Crevalcore (dove peraltro Turcato è cresciuto in tutti i sensi, partendo dalla bella cucina della Bottega Aleotti) assimila tappe enogastronomiche intriganti, perlopiù fossilizzate sulla tradizione, tessendone nobili vesti sul fronte qualitativo.

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L'atmosfera poetica ed estraniante di Piazzetta Betlemme ad opera di Gino Pellegrini 

Turcato al contrario, rema controcorrente e si dissocia da tutti i piatti storicamente annessi. Non è il classico ragazzino scellerato dall’aria boriosa che post Michelin, gonfia il petto confusamente tra arie, spume e tecnicismi gourmet rappresi a metà sorvolando i principi e le basi, tutt’altro : con determinazione, impegno, ingegno ed evidente dedizione si è mosso anzitempo per mettere a fuoco il menù e visitare i piccolissimi artigiani a filiera corta tra le campagne della zona, dissociati dalla grande distribuzione, visto che è della materia prima che la carta viene ispirata con spunti e fuoriprogramma “espressi” all’ordine del giorno. “ L’intento è quello di cogliere e raccogliere il più possibile dalla zona, riscoprendo diversi ingredienti in disuso e stringendo ai minimi termini la filiera. In cucina cerchiamo di non buttare via niente : dagli ortaggi, ai vegetali, dalle carni ai pesci assimiliamo e risucchiamo perfino le ossa, piuttosto che le spine prediligendo e riutilizzando gli scarti, le parti meno nobili, andando oltre al quinto quarto; questo in parte è derivato dalla mia genesi, per metà sono veneto e anche in casa c’è sempre stata grande attenzione per i secondi tagli. La verdura è tutta a km0 e arriva dall’azienda agricola Pane Scarso, ovviamente qui a San Giovanni, così come la pecora e la capra provengono da Maccaferri assieme ai formaggi e dalla zona o dal paese ho la mia sfoglina di fiducia per i tortellini e una coltivatrice per i fiori eduli. Punto inoltre sulle piume e la selva, mutando l’assortimento delle specie e non mancherà un menù ad hoc sulla cacciagione, magari tra qualche mese” racconta Mattia Turcato. Al suo fianco, tra sala e cucina, la proprietà (appassionata ma fino a poco tempo fa estranea alla ristorazione) ha puntato su un team volonteroso prevalentemente under 30.

amouse bouche carciofo tartare
L'entrée / Carciofo / Tartare di Agnello

Già il benvenuto mostra spigliatezza, metodo e direzione gustativa nei tre bocconcini : cialdina pelle di pollo e i suoi fegati, muffin yogurt di capra e salsa rapa rossa, tartelletta di patate con mousse di carota affumicata; sintetizzando un trinomio destinato a vorticare stilisticamente il proseguo del pasto all’insegna di una disamina più occulta del quinto quarto, il carbone e il vegetale. Chapeu per il pane, virtù dello chef fin dal debutto al fianco di Demis Aleotti, appassionatissimo mitomane lievitista in perenne evoluzione dall’arte bianca ai dessert, unitamente alla pasticceria hanno contraddistinto proprio il cammino di Turcato durante la prima esperienza all’Atman e consecutivamente al Sotto L’Arco assieme allo chef Panichi, dove peraltro la cesta dei pani e gli originalissimi dolci hanno lasciato il segno in tanti palati. Viene utilizzato lievito madre sia per il pane che lievita 16 ore e tocca i criteri ideali sulla cottura, dalla consistenza della mollica alla persistenza croccante della crosta. Alta idratazione per la focaccia, lieve e al contempo saporita mentre per i grissini è utilizzato il lievito di birra.
La prima portata è il carciofo, viene sfogliato dalle foglie esterne più turgide e viene privato del gambo. Primo passaggio in oliocottura con aglio, alloro, pepe, chiodi di garofano, ginepro per appuntarne il bouquet aromatico, pocanzi del punto finale di cottura è la testa che assieme a una parte del gambo vengono frullate in un pesto al prezzemolo e parmigiano. Nel secondo passaggio è affumicato al barbecue per riprenderne la testura offrendo un’amplia e suadente carnosità al palato; la salsa è un’emulsione di croste al parmigiano e prezzemolo per completarne il timbro ed infine l’amaro - di cui è stato ripulito - risiede solamente nella demi glace di carne e le foglie del carciofo in estrazione ancor prima che in riduzione. La fotosintesi è un melange materico emblematico per la tracciabilità del territorio, in cui non si butta via nulla. Agilmente goloso ma tutt’altro che ruffiano; non trabocca ad esempio il parmigiano che felpa il corpo della salsa in un assortimento ben minerale, pulizia e note lievemente amare a richiamare il carciofo calcato anatomicamente.
Il piacere mellifluo della tartare di lepre in uno sketch alla royale, con amarene e tartufo di stagione grattugiato in superficie per estrapolarne le caratteristiche magre & delicate della carne su un tono morbido, dolce e galante, sedato con la cicoria di campo onde evitare di annoiare le papille.

riso tortello canocchia
Riso / Tortello di Lumache / Canocchia e Animella

Sul risotto l’effetto è il medesimo : il chicco rimane prestate e riconoscibilmente teso senza offuscarsi in un unicum burroso anestetizzante per la masticazione. Le carcasse del colombaccio stanno alla base, il risotto viene mantecato con un ragù di interiora del colombaccio stesso, in superficie petto di colombaccio scottato, elicrisio per smorzarne la brunosità e jus di ossa del pennuto : il sapore più denso e mascolino viene contrastato dalla composta di mele e pere cotogne, inserita con equilibrio per rendere l’assaggio più avvolgente.
Il Tortello di lumaca alla bourguignonne è già perfettamente orientato a diventare uno dei piatti di riferimento : il tortello (dalla sfoglia autoprodotta sinuosa ed elegante) è ripieno di aglio sbianchito emulsionato dal burro, prezzemolo, sale e pepe creando una farcia liquida. La lumaca (è quella Bolognese allevata eticamente a Castenaso) viene scottata in padella, il pane (porzionato con una sensibilità superefficace) ricorda il gratin della bourguignonne mentre la base vegetale è ciò che mangia la lumaca ricreandone l’habitat naturale : bietola, cicoria, verza, riprodotte in tre salse in cui la verza frullandola assieme al gambo, produce la piccantezza riconducibile alla senape delle lumache alla francese. E’ uno dei piatti più spinti ed identificativi del menù, per quanto tutta la linea marci ad un ritmo sincronico.
Di pancia e goduria il tandem canocchie e animelle (con pane), comparandone le consistenze per un risultato immediatamente dolce, carnoso e godibile, aggiustato dall’impeccabile temperatura di servizio.

germano anguilla tartelletta millefoglie
Germano Reale / Anguilla / Tartelletta / Millefoglie


Il germano è un ricordo del germano reale arrosto della nonna con le prugne e la salsa peverada (salsa ricavata con fegatini di pollo stufati in padella con pepe, aceto e fondo di carne). Viene scottato al sangue, corrisposto ad una composta di prugne hm senza zucchero notevole, cicoria selvatica e salsa peverada per donare un grip speziato e acidità detergente agli umori del germano. Il taglio risulta un po’ sfortunatamente nerboruto ma dalla grazia sorprendente delle salse, riesce comunque ad esprimerne il suo senso.
Un cuoco di mano oltre che di intelletto lo si smaschera maggiormente sui piatti più insidiosi nella storia della cucina. Una prova, se così vogliamo giocarci, superata a pieni voti emerge dall’anguilla che arriva da Comacchio. Viene messa sotto sale per asciugare accuratamente la pelle, eviscerata ed eliscata dalla spina centrale. Successivamente è legata con alloro e cipolla, ripassata in forno, raffreddata e deliscata. Con la testa senz’occhi e la spina centrale dell’anguilla stessa viene creato il fondo, aggiustato con un mix di spezie e lasciato in infusione. Dopo averla croccata in padella, la carne viene nappata con il fondo e servita con piselli, lattuga, asparagi sia crudi che cotti nelle loro salse. La croccantezza suprema della pelle, la testura che ne glorifica il sapore, né gommosa e né noiosamente floscia e la freschezza nitidissima dei vegetali, concentrano un piatto di tecnica e di idee della cucina.
Gli assi nella manica ci sono eccome anche sui dolci, su cui Turcato da sempre si muove con perizia e fulgida sintonia. La tartelletta con le fragole si distingue per l’aggiunta del sambuco di stagione, raccolto a mano dalla brigata. Viene prima fatto uno sciroppo poco dolce (una parte di zucchero e tre di acqua) per elaborare una mousse, composta di fragole senza zucchero e fragole fresche dall’accento naturale e primigenio : un boccone unico di tanta freschezza completato da una frolla invogliante. La sfoglia sottile, friabile e burrosa della millefoglie farcita di crema e qualche goccia di aceto balsamico per le note lietamente acidule, prendono per la gola tutti i palati, tentando il bis. Il servizio è attento, educato e ben strutturato, peraltro a fine pasto, viene sviscerata una ricerca sorprendente sulla liquoristica; la cantina invece potrebbe fare di più, applicando soprattutto sulla zona, una ricerca perlopiù similare a quella battuta dalla cucina.

RISTORANTE PIAZZETTA
Piazzetta Betlemme - Via Betlemme 31, San Giovanni in Persiceto 40017 (BO)
3920462046

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