Sei qui: Gourmettoria Dalla cucina a vista, lo sguardo cosmopolita di Casa Azzoguidi sulle Torri : ristorante e cocktail bar all'ultimo grido | Casa Azzoguidi
un'idea di: Marco Salicini
Risorgono stemmi storici dell’antica Bologna, omaggiati e messi in risalto in chiave cosmopolita con lo scopo di risollevare e cambiare il registro ad un hotellerie locale alquanto stanca e standardizzata nel vivo di un’epoca in cui la globalizzazione corre veloce ed il flusso metropolitano dei turisti è in costante espansione. Un investimento importante e lodevole lo ha completato durante lo scorso autunno Isabella Seragnoli, leader del gruppo COESIA, rinnovando le vesti dell’Hotel Corona d’Oro, riferimento lungimirante ubicato nel cuore delle torri medioevali. Lungo il porticato ligneo tutt’ora meravigliosamente conservato : permangono indelebili gli stemmi della famiglia Azzoguidi, nobile dinastia che costruì l’edificio dove per anni ebbe sede la prima tipografia voluta da Baldassarre Azzoguidi.
Oltre all’antichissimo portico, ammirabile dal lato esterno, il Corona D’Oro 4 stelle superior ha preservato i preziosi soffitti a cassettoni affrescati di epoca rinascimentale contestualizzandoli in un habitat sobrio, riservato ed elegante, vivacizzato dalla Hall in stile Liberty protetta da una magnifica cupola di vetro che durante la bella stagione si apre dinanzi al cielo, creando un’atmosfera unica. A giocare un ruolo determinante per il rilancio dell’intera struttura, vi è Casa Azzoguidi, restaurant & bistrot, progettato da Lorenza Guerra Seragnoli. L’intento è ben chiaro : creare una liason con la clientela bolognese motivandola a ribaltare tutti quei preconcetti che a priori hanno distanziato la platea petroniana dall’hotellerie, garantendo una proposta trasversale sul food and beverage prettamente in grado di imprimere uno slancio prorompente e correlativo all’offerta.
L’ingresso laterale su via San Nicolò introduce ad un ambiente dall’appeal poliglotta che indubbiamente lo certifica come uno dei locali più eleganti e contemporanei all’interno di una città decisamente restia e stantia al rimodernamento accattivante degli ambienti. Si incrocia la sontuosa e ariosa cucina a vista, presidiata da Daniele Simonetti, chef dal background internazionale e spalla fidata di Bruno Barbieri ed il separé porta invece al cocktail bar con signature drink della casa (griffate dal main partner Amaro Montenegro) che invitano principalmente una bevuta al banco per il pre e post dinner.
Le idee chiare ci sono state fin da subito, in quanto i lavori per affiancare un hotel completamente privo dal punto enogastronomico sono durati a lungo : la domenica dalle 12 alle 15,30 c’è il brunch internazionale, tutti i giorni (tranne il lunedì) il ristorante è aperto a cena e durante gli infrasettimanali ora anche a pranzo con una proposta smart più assortita ma funzionale.
Un dedalo di marmi magnifici e sedute di velluto interagisce con i ricchi stucchi floreali di inizio Novecento ed il pavimento a richiamare un terrazzo alla veneziana, si scende in cantina dov’è riservato un tavolo conviviale per occasioni speciali attorniato da volte a croce in mattoni a vista su cui peraltro viene conservata ed esposta una bottigliera pregiata che sigla la carta dei vini. L’ennesimo fiore all’occhiello è il nuovo spazio esterno, disposto sull’intima e suggestiva Piazza San Nicolò, ancora una volta ad infondere un connubio tra epoche disparate, fusion tra la storia e la modernità, spazio per cui tra l’altro la proprietà del Corona d’Oro è scesa in campo per riqualificarne l’area al cospetto dell’omonima chiesa.
Il respiro è internazionale e il menù ne rimarca l’assetto, si muove sincronicamente con l’impatto degli ambienti, mettendo a fuoco un’ottica linda e futuribile con l’intento e gli obiettivi della proprietà. In sostanza, ritengo che nel 2022, il centro bolognese abbia fortemente bisogno di locali come questo : accessibili e rassicuranti per un newyorkese, un orientale ma anche un bolognese di ogni età che viaggiando, senza neppur dover sorvolare chissà quante coste, magari tra Firenze e Milano, ha necessità di ampliare la scelta all’interno delle mura, sotto le attenzioni di un servizio qualificato e di un habitat adattabile alle grandi metropoli. E ritengo che Daniele Simonetti, lo chef in questione, sia un profilo idoneo a correlarsi con un target di questo tipo : tecnica, concretezza, pulizia, inflessibile efficacia, dimestichezza politematica nella convivenza all’interno di un menù di tradizione al fianco di materie prime vegetali, di mare e di terra con quel tocco al passo coi tempi. Probabilmente non sarà mai la cucina che cerca o si scervella intorno a contrasti più arguti o abbinamenti arzigogolati ma che risulta centrata, rassicurante e accordata, puntellando precisamente la tempra degli ingredienti, trattati con conoscenza in preparazione o cottura.
Il colpo d’occhio della degustazione arriva vis a vis con una brigata che si muove armonicamente tra le stufe di una cucina hi tech, mimetizzata in quel set di vetro e d’acciaio, controllando discretamente, il flusso dei tavoli disposti a scacchiera. Lo Specchio d’Abisso è il battuto a carpaccio sottilissimo di gamberi e mazzancolle conditi con leggera citronette, uova di lompo e salmone, corallo di crostacei e chisp al nero di seppia, assoldando una temperatura ideale per il palato, profusa sulla freschezza, monitorando le sfumature acide ed ingrintosito dal crunch persistente della chips, intorno ad un andirivieni tra mani e forchetta. Sketch sarcastico sulla cialda capovolta che in mano diventa una cestina da gelato : è una spuma dinamica e saporita di ricotta che incalza metaforicamente il ruolo della panna come coltre della tartare di manzo con polvere di capperi per la tenue pungenza ad antiossidare. Il Non chiamatelo Vitello Tonnato è una spalla di vitello cotto a bassa temperatura, dal taglio sinuoso, insaporito con il timbro lievemente iodico della maionese home made alla bottarga nello sfizioso maremonti. Il Ricordo di un carrello del bollito, rivitalizza una delle pietanze più sature e campaniliste della tradizione : impeccabile la scioglievolezza del dado di lingua di manzo cotta a bassa temperatura, rinvigorita dalla traslucida e ripulente giardiniera artigianale, infine lo smalto pungente della salsa verde. Anticipa i primi piatti un must have dell’Estate : il calamaro scottato alla lionese, ben malleabile e dalla testura vividamente arrostita con la dolcezza lattica della burrata di Andria ed il complemento dei pomodorini confit. La trama del menù parte dall’Emilia, scombinando le voci sulle grandi ricette italiane, che Simonetti ripensa mirando dritto al gusto : un esempio che ad un turista tutt’altro che sprovveduto sulla nostra cucina farebbe esclamare “Welcome in Italy” è la linguina (di pregevole fattura) di farro amalgamata con cipolla stufata, seppia scottata e guanciale croccante, arrovellando la pasta pienamente al dente, intorno ad un intingolo saporosissimo da assaporare con voracità. La pasta chiusa di forma piramidale Piramidi e Faraone, accentua un ulteriore rigorosità in cottura, peraltro espressa al meglio proprio sulle paste : i bordi più sodi ed il ripieno deflagrante qui di faraona al burro e saba per il tocco complementare sul nostro inconfondibile marchio umami.
Il sentore fondente del piccione cotto a bassa temperatura, viene ingrassato palleggiando su sfumature e contrasti che dall’agrume propendono al dolce : pan brioche biscottato, salsa all’arancia, radicchio scottato e fois gràs, firma dello chef geneticamente annessa al fianco a fianco con Barbieri. Meno opulento e più estivo è il Carré nero, il carré di agnello laccato all’aglio nero con purea fredda di finocchi, in direzione freschezza, mineralità e detergenza andando a massaggiare le carni dell’agnello. Le alternative veggie e di mare presentano La Rossa di Terra, carpaccio di barbabietola su salsa di yogurt e porro croccante; il Di Terra e Di Mare ebbene un risotto Aquerello fagiolini e vongole mantecato al burro d’ortica, i polipetti in umido con piselli verdi su muffin impastato in casa ed i tranci di pesci cotti al vapore del giorno conditi con maionese vegana rosa e salicornia. I dolci, dal bell’impatto cromatico, vengono scomposti alleggerendone la struttura, come la tenerina che diventa una crumble al cacao cosparsa sulla spuma di mascarpone e la zuppa inglese, dripping all’alchermes, spuma di cacao e ganache al cioccolato con crema pasticcera. Lo scenario intorno al tavolo, per classe e bon ton, ti trasporta per qualche ora a distanza dai luoghi comuni più inamovibili del centro petroniano, pur valorizzandone le movenze architettoniche.
CASA AZZOGUIDI
Via San Nicolò 2c, 40126 BO
0510185041
www.casaazzoguidi.it