Sei qui: Gourmettoria Il Jet Set Amazzonico di Flor : concept store, cocktail botanici ed una cucina che sprigiona talento | Flor Bologna
un'idea di: Marco Salicini
Nel nevralgico quadrilatero assalito dai turisti, polo caratteristico del centro storico adibito ad un inevitabile congregazione di botteghe storiche e mordi e fuggi, esiste dai primi mesi del 2022 un locale dall’impatto differente. Laddove per anni a creare uno spartiacque tra le pescherie ed i banchi ortofrutticoli c’era una storica profumeria, ora ci si addentra nel corridoio amazzonico di Flor, progetto speciale avviato da due imprenditori navigati nel campo della moda : Nino Breda e la moglie Madera Sassi.
Ingresso total green, vegetazione arrampicata lungo i soffitti, lungo banco cocktail con sedute annesse frontali alla bottigliera, un buddah bar che funge da bazar di lusso caratterizza il privé ed occupa il separé alla sala cena da fine dining : ambiente più intimo, meno esplosivo e musicale dell’ingresso, con lampade di design, comode sedute e bellissima mise in place; in fondo la poltrona barocca in velluto con i fenicotteri, dinamica e stravagante attrattiva per l’entertainment multimediale, accerchiata da una grotta scenografica.
Gli ambienti eclettici di Flor
“Volevamo portare in Italia e in città qualcosa di diverso” introduce Breda. “Il nostro locale è un concept store, tutto ciò che vedete si può comprare : dai quadri ai pezzi dell’arredo, i bicchieri, la merce artigianale oltremanica acquistata da diverse parti del mondo”. Il tema centrale è la vegetazione : lo sviluppo floristico sintetizza il focus integrando il bartending e la cucina : “la cocktail list e gli ingredienti della cucina applicano una ricerca correlata ad essenze, alghe, elisir, spezie, erbe, fiori e profumi, che tendiamo ad approfondire attraverso workshop esperienziali con il maestro profumiere Leonardo Opali, piuttosto che ospitare bartender affermati sulla medesima filosofia”.
L’ecosostenibilità ed il riciclo delle materie di scarto, promosse dai bartender, sono due tematiche corrisposte da una brigata estremamente talentuosa, che come tutto lo staff del ristorante, fatica a sfiorare i 30anni. “Lessi is more, tecnica e concetto al servizio del prodotto” è il motto dello chef Simone Albertazzi, uno dei volti più meritevoli e futuribili nella new generation della ristorazione bolognese. Nonostante il cuoco emiliano non sia più di primissimo pelo (a 32 anni è la figura di ruolo più esperta del ristorante) il background che lo ha visto agire post Alma al fianco di executive chef d’alta cucina, è parecchio interessante : Andreina con Recanati, l’Armani Hotel Milano ai tempi della stella Michelin, Berton, Ristorante La Piazzetta (ex Frasca) a Milano Marittima ed infine L’Inkiostro con Terry Giacomello, con cui ha allacciato un ottimo feeling. Il ritorno a casa, frastornato dall’epidemia, lo ha visto agire in due parentesi biennali in città, dove ciononostante, ha stupito per le folgoranti capacità espressive, la coscienziosità nel saper quando osare ed il favoloso tocco materico.
Il menù è tutto mare, orientamento su cui negli ultimi anni oramai Albertazzi si è specializzato, coprendo peraltro due buchi non da poco nella proposta gastronomica del centro cittadino : la ristorazione dedicata al pesce di qualità, ricerca e freschezza ma anche il fronte creativo relativo alla modernità dei piatti, evitando popolari ruffianesimi nei sapori o tecniche ostentate, fuori luogo.
I cocktails di Flor e lo chef in azione
"Abbiamo uno scambio serio e quotidiano con la pescheria che ci affianca : è un impegno ma è altrettanto indispensabile per ottenere coerenza con la mia idea di cucina, dando ampio respiro, trasparenza ed energia ai miei piatti. Ovviamente il mare a Bologna non c’è ma l’Adriatico ed i mercati annessi, permettono di lavorare fulgidamente sul prodotto, inoltre ci sono specie meno commercializzate dal potenziale eccellente” confessa Simone.
Dirige l’orchestra tra bar e gastronomico, il manager Nicolo Ribuffo, classe ’95, giramondo che quindi conseguentemente, sente suo questo locale e tende a contribuire per avanzare un’immagine di un certo tipo. Ha vissuto tra Marbella, Londra e Tokyo, ha assimilato una determinata visione per il mestiere dal patrigno Daniele Dalla Pola, pioniere mondiale del “Tiki Bar” e non solo per poi attivarsi alla corte di Heston Blumenthal nel 2 stelle Mandarin Oriental di Knightsbridge ed in seguito all’Azure 45, macaron di Shintaro Miyazaki a Tokyo. Rientrato nel capoluogo emiliano ha avviato il Barrom con Luigi Sangermano, sdoppiandosi al Nu Lounge. E' di Ribuffo l'idea di canalizzare l'ideologia del format nella linea di cocktail imbottigliati, progetto in continua evoluzione che oltre ad essere somministrati possono essere acquistati dalla clientela, lavorando oltre che sul marketing anche sulle abitudini at home della clientela. “Abbiamo in serbo tante idee, forse troppe. Ci sarà una bellissima festa verso la fine della stagione estiva, entrerà in menù la carne visto che vogliamo che questo locale possa essere aperto a tutti in città ed in futuro pianificheremo qualche cena a 4mani “ ci confessa Ribuffo.
Above Seven è l’ultimo menù degustazione, lanciato per l’estate.
“Rispetto ai precedenti abbiamo deciso di osare di meno nella spinta di questi piatti, complice sicuramente il periodo dell’anno e l’uscita pre concordata di questi mesi, del mio vice Giulio Castelli, una grande mano che prima di condividere con me il progetto ha lavorato in locali di alto rilievo, come Maaemo, Trussardi alla Scala, Inkiostro dove ci siamo conosciuti ed il St Hubertus. Non per questo abbiamo abbassato il tiro anzi, la ricerca per la materia prima rimane la medesima così come la voglia di portare qualcosa di nostro nella degustazione ed ho la fortuna di condividere idee con dei collaboratori giovanissimi e volonterosi che mi permettono di continuare a confrontarmi con le esigenze in continuo divenire della clientela” spiega Albertazzi.
L’ambiente difatti è multietnico : dal turista interessato, all’orientale elegante, il cliente local over 40 ma anche tanti giovani.
Il benvenuto della cucina | Crudo di Ricciola | Carpaccio di capasanta
Il welcome è raffigurato da due finger food pungenti, tenaci e delineati caparbiamente : bon bon al peperone, maionese light all’aglio, chips di meringa al pecorino per l’accensione gustativa; cracker di carasau, con spuma di ricotta origano e peperoncino, alicetta marinata e gel al limone per un bocconcino di longilinea croccantezza e sapidità a giocare sul crash tra la piccantezza e le divergenti noti acidule.
La prima parte del menù è dedicato al crudo, la ricciola in questo caso intensificata da un corredo aromatico, detergente e balsamico composto dalla cipolla rossa in marmellata - caramellata, dalle losanghe di sedano e dal cetriolo marinato con il suo gel, ampliando peraltro il carattere del boccone, già di per sé fragrante per la deliziosa carnosità del pesce azzurro. A parte il gazpacho di pomodoro camone leggermente tabascato per una crasi di freschezza estiva, note acidule a tracciare un insieme tanto enfatizzante quanto defaticante.
Upgrade nel carpaccio di capasanta, si rimane sempre sul crudo, lavorato con estasi, allestendo un involucro elettrizzante a livello di contrasti; lo yogurt tipo tzatziky senz’aglio, attenua uno sciame di freschezza non invasiva agli altri complementi : la maionese di corallo per la cremosità salmastra, l’olio al basilico da frangiflutti e la mortadella essiccata per una leva sapida e stuzzicante, oramai timbro identitario dello chef, immesso anche nelle precedenti esperienze. Portata di destrezza e personalità.
Chiude la prima parte della cena un signature dish : il polpo cotto lentamente a bassa temperatura e poi grigliato, in pairing alla quenelle con patate affumicate, pappa al pomodoro evocativamente artusiana, maionese al rafano, polvere di oliva, cappero fritto. Un esercizio dalla mediterraneità trionfale, che celebra e omaggia le radici immesse in uno schema visionario & tecnicamente corrente, esternato grazie ad un dispendio minimalista, evidente su ogni texture.
Tra i primi, esemplare il risotto : viene utilizzato un Carnaroli, lasciato volutamente al dente, bello tirato, per un esercizio stilistico dignitosamente italico, in superfice combina il sapore marcato dei filetti di triglia sinergicamente integri in cottura. L’inchino col cilindro scatta nella graduale discesa compenetrante, grip iodico nel fondo bianco di pesce, attenua e addolcisce la stracciatella, cipolla bruciata e spolverata di plancton per lime mai inconvenienti, mediando intelligentemente sempre sul vegetale, raccogliendo la sapidità, bypassando senza esasperare, anche attraverso il fenico. Con la medesima filosofia è aggiornato anche il tagliolino, sempre fondo di pesce, zafferano & asparagi per moderarlo, cozze laddove subentra la sapidità del frutto marino, poi lo spillo citrico col gel di limone e katsuobushi come punta di diamante ad ornamentarne la levità.
Polpo | Riso | Raviolo Aperto | Rombo
Per quanto sia elegantemente Marchesiana la rifinitura del raviolo aperto, impastato con bietola e spinaci nei due lenzuoli di sfoglia, il ripieno di ragù di scorfano e rana pescatrice con finocchietto e ristretto di cannocchie, divampa su una sapidità insistente.
Armoniosamente carnoso e definitivo il rombo, incappucciato a mo di rossini con una scaloppa di foie gras per una texture più burrosa e decisa, asparagi – crema di piselli e polvere di piselli ad equilibrare, mineralizzare e pulire i toni denotano un’impennata vitaminica.
I tre dessert
I dessert, che riflettono un’estetica contemporanea proseguendo il decoroso layout della degustazione, sono di pura gola e lussuria : inventiva e curiosa l’interpretazione pastry del tonnarello cacio e pepe, sagoma quasi cartoonesca : polvere di caffe e savoiardi al cacao, il finto tonnarello è camuffato con il mascarpone classicamente a base tuorlo e zucchero, la spuma mascarpone classica recita la manteca “cacio e pepe” ed il pocket coffee home made da spaccare per bagnare il dolce per un break amaro ad ingabbiare il rischio stucchevolezza.
I tropici al cucchiaio tra il ricordo di un Solero e la freschezza di una Pina Colada nel cremoso al cocco rapé, passion fruit dry, il cuore di cocco e passion ed biscotto bretone alla base. Gli ultimi cucchiai, riassumono metaforicamente, una passeggiata nella foresta set-emblema del look del locale :
Fragole ripiene di mousse al cioccolato e marmellata di fragole, gelato alla fragola, meringa all’italiana bruciata, terra al cacao. Cantina in riallestimento prevalentemente vocata sulle bollicine estere e francesi, nel dopo cena, atmosfera sgargiante intrattenuta dai signature cocktails botanici curati da Alessandro Serantoni.
FLOR
Via Drapperie 10, Bologna
0514120627
Ph Credits by Flor Bologna
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