Sei qui: Gourmettoria Enrico Failla è il nuovo chef di Sacerno, con Picchiotti (e la Berri) il nuovo menù è un tripudio delle grandi ricette di mare all'italiana | Antica Trattoria di Sacerno
un'idea di: Marco Salicini
Un exploit di gusto, all’insegna del carattere della materia prima ittica, recuperando e celebrando le grandi ricette della cucina di mare all’Italiana da tutti i lidi seguendo lo stile della cucina, sigla il nuovo menù estivo dell’Antica Trattoria di Sacerno.
“ Sono stati anni articolati, come per tutti, coadiuvati da momenti di riflessione e ragionamenti.
Appena siamo ripartiti il mio intento era incentrato sul cliente, metterlo al centro, ascoltarlo, assecondare le sue esigenze legate anche alle nostre, senza perdere la nostra identità.
Qui a Sacerno io e Giada (Berri, compagna nella vita – co titolare e sommelier del locale ndr) siamo sempre rimasti isolati, quindi la mia priorità era costruire un’azienda come una famiglia, un gruppo di collaboratori che ad oggi è diventato numeroso con l’implemento degli altri progetti, con cui poter imbastire una pianificazione solida e a lungo termine : confrontarsi, remare nella stessa direzione, creare un collettivo sano e unito”. ci racconta lo chef e patron Picchiotti.
E’ semi impossibile sfaldare lo sprint caratteriale di Dario Picchiotti, indomabile filibustiere della cucina creativa di mare a Bologna, oramai faro della ristorazione “marittima” anche al di fuori dei confini cittadini, come testimoniano le attenzioni sempre più considerevoli, delle guide gastronomiche e dei gourmet, anno dopo anno. Tempra sociale estroversa inesauribile, garra, verve e lena trasmessi energicamente nell’identikit dei suoi menù ma anche quel calco coscienzioso che proprio negli ultimi tempi gli ha permesso di svitarsi da Sacerno per incalzare il ruolo di imprenditore, spalleggiato in primis dall’amico fraterno Francesco Tonelli e da altri soci, ampliando il raggio d’azione gastro itinerante. Ed è stata un estate alquanto movimentata per Picchiotti, quanto al contempo estremamente duttile e concreta nella stesura di tutti i suoi locali : “Un anno importante per Casamerlò, nel quale siamo riusciti a creare un fil rouge con la nostra clientela, consacrando lo stendardo di certi nostri piatti signature, connessi all’immagine del locale. Nell’estivo abbiamo sopperito alla mancanza del dehors, traslocando tutti i martedì e i giovedì nell’eden bucolico della Galeazza, sui colli, creando un nostro popup ibrido tra le ruote alla vodka (o al salmone) e tutte le ghiottonerie più pop servite in via dé Gombruti e la pizza di Merlino”.
Il “reset” di Merlino, laboratorio di farinacei & lievitati libidinosi con cucina espressa si è rivelato un motore propiziatorio nella manovra manageriale di Picchiotti :” Il progetto nacque in pieno lockdown e l’avviamento non è stato agevolissimo. Negli ultimi mesi abbiamo individuato le persone giuste assemblando uno staff sagace ed efficiente che ci ha permesso di divulgare il format outdoor, coprendo la ristorazione in alcuni dei festival e delle rassegne di punta dell’estate bolognese, oltre che irrobustire ulteriormente il BetoBe con i colleghi ristoratori, sulla linea di panificati”.
I pani di Merlino | Benvenuto | Alici Marinate | Totano gratinato
Non ultimo, l’approdo a Sacerno di un nuovo chef dalle qualità brillanti e dal talento portentoso : Enrico Failla, col grembiule di cuoco addosso fin dall’adolescenza. Gavetta tambureggiante nelle trattorie imolesi, prima di avvicinarsi alla sofisticata e avanguardista linea del Cesoia, laddove si è interfacciato con una serie di tecniche – attrezzature e stili utili per proseguire il percorso da stagista al Geranium e come chef de partie all’Osteria Bartolini e al Lume, lustre macaron meneghino. Infine il ritorno a casa da Poggi a Trebbo. Da una sponda all’altra della campagna, ora da Sacerno dove affianca Picchiotti riproducendo piatti co-pensati e co-intestati, raggiungendo un sodalizio indispensabile per lo chef e patron toscano, che per sempre, Sacerno sarà intravista come la sua casa base ma che ha anche bisogno di un’indipendenza slegata dallo “spakkapentole”. “Enrico ha attitudini e con questo suo primo menù ci siamo riusciti ad intendere e trovare. Il denominatore comune è sempre legato alla qualità della materia prima, prediligendo però il gusto, dettato dalle cotture, dalla masticazione e da un legame espressivo con le salse e i condimenti. Alcuni piatti li abbiamo elaborati assieme, altri sono solo suoi e qualcuno è mio, non andiamo ad estremizzare i contrasti o i sapori più marcati, cerchiamo di riprodurre ricette riconoscibili, comprensibili ed appaganti imprimendoci sopra il nostro timbro, puntando a creare proposte dinamiche mai piatte ed omologate, alternando qualche piatto più spinto e qualcun altro più comfort per i palati”.
L’adrenalina e la potenza espressionistica di Picchiotti però vi sono eccome, a parer nostro la partnership con Failla funziona eccome ed il menù estivo di Sacerno, che abbiamo assaggiato da capo a coda è uno dei più vigorosi che si può trovare attualmente nella fascia alta della ristorazione locale. Prima di tutto, il mare cavalca un culto fluidificante patriottico dei ricettari, sequenziando riprese dalle vicine coste adriatiche ai litorali mediterranei e tirrenici. Leggerissime contaminazioni che non sfaldano il nesso del piatto ma bensì modulano con accortezza e sensatezza il dettaglio di certi sapori. Si ritrova poi una batteria eclettica di cotture in base alla specie prescelta al centro del piatto, talvolta sporcata (in chiave positiva) piuttosto che compiuta a tavolino, declinando disgressioni salmastro-iodate atte a spronare l’essenza dei pesci trattati, tramite osmosi-emulsioni e filtri salini, in tema di recupero. Democraticamente, Sacerno alimenta un’offerta trasversale, soddisfacendo placidamente anche gli appetiti più classici al ritmo di un fritto magistrale, plateau di ostriche, un Gran Crudo sublime da intervallare ad una selezione regale di bollicine che grazie alle attitudini di Giada oramai è tradizione, sfidando i più indomabili sbocciatori a colpi di annate stratosferiche dalle maison più lussuriose. Altrettanta democrazia è riflessa nelle degustazioni, praticamente customizzate a seconda della volontà della clientela che oltre a scegliere il numero di portate, ha carta bianca sui piatti in carta da provare.
Polpo | Tataki di Ricciola | Sgombro
Accolti dalla gentilezza dell’inflessibile Mimmo, che da mascotte tuttofare, oramai è parte integrante della sala, muovendosi tra gli ambienti con longilinea disinvoltura, vengono serviti i pani – i grissini e i crackers freschi, autoprodotti ovviamente dai forni di Merlino. L’overture poi in due bocconi, accentua l’intercalare del binomio classico-creativo a cui andremo incontro, rapendo l’attenzione proprio nella definizione ben calibrata dei sapori : c’è la tagliatella di seppia con la sua prestanza viscosa, avvolta dalla dolcezza della crema di ceci, limata a sua volta dalla doppietta acido balsamica di limone e maggiorana, assieme al sablé con baccalà mantecato, peperoni e bieta al naturale un piacevole finger dal sollecito piccante.
In balia di un moto marino perennemente in alta quota e mai in saliscendi, lo starter è l’alice marinata, bellamente pasciuta e luminosa, in un twist arboreo vegetale dalle divergenti croccantezze e acidità, limate da un dripping integralmente vegetale. Di gioiosa pienezza il totano, fievole e grasso al morso, ripassato da una panura iconicamente romagnola a base di prezzemolo e limone, per un balzo evocativo schiettissimo nei litorali nostrani. Sublime e squisito il tataki di ricciola, quasi ematica e saignant tanto succosa, posta sulla crema di patate arrosto, salsa al prezzemolo per smorzare, perlage di acqua di mare ad ossidare. Immancabile il polpo che ad ogni cambio menù Picchiotti rivisita e rigenera senza fallire un colpo, prestando riguardo alla cottura, dall’effluvio aromatico sgargiante, dai toni e dalla testura riconducibili tipologicamente alla plancia - su cui è immessa un’insalata “alla puttanesca” con olive, capperi e acciughe, aitante sia alla masticazione che all’inserto tonificante tagliente per la pungenza acido aromatica. L’apice probabilmente con lo sgombro, educato strepitosamente in cottura, tra un barlume di finezza carnosa e una pelle saporitissima, una rotta calabrese egregiamente valorizzante per una terra fin troppo defilata ed anarchica, rispetto all’export delle altre regioni, qui raffigurata nella piccantezza gloriosa della crema di nduja e nella morbidezza della purea di melanzana dalle nuances perfettamente accordate.
Spaghetto alla Portofino | Spaghetto alle vongole | Rigatone
Estate marittima all’italiana che prosegue in camicia di lino e mocassino sullo Spaghetto alla Portofino, strappando un'altra cartolina tra i ciottoli e le barchette pescherecce, insediata negli ingredienti più storici e primordiali delle coste italiche : un volteggio di assoluta freschezza tra lo spaghetto al basilico, persistentemente al dente e la coltre di pomodori ed shabu shabu di totani e nero per la sferzata di iodio. Si gongola parecchio sullo spaghetto alle vongole poveracce, manifesto grandioso per la cottura della pasta, la ripresa burrosa dettata dal blend tra il burro stesso , l’acqua salina delle poveracce e la qualità altisonante del mollusco sgusciato. Di pari livello il rigatone, altra pasta tenace mantecata con un sugo dall’intensità focosa e salmastra, la marinara più scibile dei gamberi e totanetti che ben si prestano al morso, in combo, con il rigatone stesso. Da apoteosi il geniale doppio servizio sul penultimo primo piatto :
“ E’ il primo piatto creativo che ho fatto, ricordo che mi scartarono ad un concorso ma in seguito ebbi soddisfazioni. Da un lato i bianchi più buoni nella storia della cucina, miscelati : spaghetti burro & parmigiano e aglio, olio, peperoncino. Al lato il pinzimonio tiepido di pesce crudo, bagnato nell’olio, il nostro condimento per eccellenza “ racconta Picchiotti.
Il binomio è di un’esplosività verace e di alto godimento per una saporosità praticamente immessa nel nostro dna, nobilitata da una qualità del carpaccio penetrante accorpata in un . Proseguo più moderato, con l’insindacabile risotto rosso alla marinara con i suoi ritagli ittici dialetticamente radicale, più pacato rispetto al concentrato del rigatone; l’arrosticino di spada e tonno alla “greca” ricetta schietta e burlesque con tzatziki, oliva, indivia, greca e pomodori. Un ossimoro voluttuoso terra&mare è il dentice, soavemente sincronizzato da dolcezze burrose, salse e vegetali minerali – emollienti (in questo caso zucchina – pepe timut e mandorla) e croccanti nei punti giusti, rinforzato con il fiore di zucca dalla tempura micidiale, ripieno di gamberi, patate, prezzemolo e limone con salsina agrodolce, suggerendo uno street food Merlino’s style, da orbita. L’ultima pietanza, preludio dei dessert iperbolici, è la sinuosa spigola alla mugnaia, disinibita dal suo trend prettamente delicato, grazie al medesimo procedimento applicato allo spaghetto alle vongole, procedendo quindi ad irrorare le carni con una salsa dall’emulsione salina decisiva al fianco della ratatouille, centrando l’interazione nella temperatura del piatto.
Risotto | Arrosticino alla greca | Dentice e fiore di zucca | Spigola alla mugnaia
L’albicocca sciroppata con panna acida assorbe i residui di salsedine, direzionando un’apoteosi golosa : ebbene se già Picchiotti sui dolci è un maestro, il piglio di Failla specializzato nel reparto pastry innalza ulteriormente l’hype. Lo stecco “Melba” divertissement formato Magnum, eletto da un’acidità allietante e da una freschezza meravigliosa; la composizione tra yogurt – ciliegie – salsa al lambrusco e fondente, un flavour minimalista e di grande eleganza, il delizioso panna e fragola con pan di spagna ed emulsione di cioccolato bianco, in cui il segreto per badare ai picchi glicemici, svecchiando l’eccesso zuccherino, si ritrova nella panna montata con le fave di tonka e soprattutto nel salasso di fragole, sciroppo al naturale old style. Con l’ottimo caffè e la linea “satanica” di distillati premium, incombe l’ultimissima coccola, i krapfen mignon dalla crema insuperabile e dalla pasta gradevolmente sottile. In cantina è vero, il top di gamma è indicato dalle bollicine francesi ma Giada Berri che in sala vedrete perennemente garbata ed educata, equilibrando l’incontenibile loquacità di Dario, da sempre insegue e si assicura produttori & aziende vitivinicole di spessore. Peraltro un plauso tecnico va dato atto alla cucina, per quanto risulti straordinariamente rilassata la cilindrata gastrica al termine di un percorso infinito, sinonimo di un’insegna che distaccata dal cuore della metropoli si è sempre imposta con qualità e con quel carisma che invita a farci ritorno.
ANTICA TRATTORIA DI SACERNO
Via di Mezzo Levante 2, 40012 Sacerno di Calderara di Reno (BO)
0516469050
Ph Credits di Dario e Giada by Nikoboi Photographer