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INTR10
un'idea di: Marco Salicini

 

 

24 sala

E’ l’ annata più confusa per la ristorazione, alle prese con un effetto reazione a catena dettato dai rincari dei costi e del caro vita da un lato e dall’altro satura di un lungo corso farcito di espedienti narrativi mediatici, di cui or ora se ne stanno pagando le conseguenze. In primis ne è l’alta cucina a farne le spese, entrata sotto i riflettori come non mai nell’ultima decade del boom televisivo ed ora priva di argomenti.
Il cliente è stato persuaso ed inculcato dai mass media verso una cucina gourmet che ha imposto una tendenza entrando nel gergo comune, cambiando i ritmi del pasto, occupando più del dovuto il tempo del commensale ad esempio durante il periodo pandemico, laddove in quei rari “break” l’unico passatempo ludico erano giornate intere passate a tavola, disinibendosi dell’accumulo di stress su piatti e vini.
Un tempo questo genere di ristoranti subivano le direzioni coordinate dalle guide creando una scia di tendenze; pochi molto pochi erano gli chef che indipendentemente le lanciavano. Fino a qualche mese fa ad esempio se non si parlava di sostenibilità, foraging, orto, vegetale, fermentazione, lievito madre non era possibile creare un input per un articolo. Questo mix ha creato una brusca arrestata in cui a quanto pare non c’è più nulla da dire e non si sa più cosa scrivere. Per questo nei momenti di dubbi o nelle pause di riflessione ci si rifugia nelle certezze. Quindi diventa più facile parlare di osterie e trattorie, di locali dall’identità fortissima (e sono pochi in Italia), di pizzerie o di ambienti informali che inglobano tutto, come le enoteche o i cocktail bar oramai “armatissimi” di menù gastronomici. Tutto questo, allineato ovviamente da un gap economico che come era pronosticabile tre anni fa, sta iniziando a tracciare uno spartiacque.
Lunga e doverosa questa apertura per arrivare al dunque : il ritorno alla Lumira, di cui bene o male una volta all’anno vi racconto, una testimonianza assai felice di quanto Carlo Alberto Borsarini sia riuscito ad imprimere una lettura lucida e rassicurante anche in questo momento.
Kafkiano come riesca a fronte di un menù molto variegato per ispirazioni, vissuto e materie prime, che talvolta per l’appunto parrebbero contrastanti in base alle radici di un locale ricordo storico a gestione familiare, a timbrarne un’identità molto forte.

24 norvegian mood 24 pastriami


Che l’intelletto alquanto raro e stimabile dello chef e patron sia una certezza, oramai è un dato di fatto. Probabilmente mai come in questo periodo storico si racchiudono i frutti di una semina che negli anni è stata dettata da un registro rispettoso e personale dei grandi classici, profusi simmetricamente ad ouverture mentale attenta sulle tematiche attuali e su un mondo in cui mobilitarsi e spostarsi diventa sempre più immediato. Un piedistallo che è diventato un canovaccio sicuro per trasmettere l’identikit dello chef, la valorizzazione di Castelfranco annesso culturalmente al tortellino ed ai fornitori a km0, disinfestando la diffidenza tra i confini inoltrati tra Modena e Bologna, tra l’Emilia e la Romagna, pur accogliendo accenni di inserti esterofili adeguatamente e moderatamente.
Sedendomi alla Lumira ho dimenticato quest’annata gastronomicamente per il sottoscritto sciapa e sormontabile, come se per l’appunto tutto continuasse a filare liscio, rendendomi però al contempo conto di quanto mai come ora, sono veramente pochi i locali che frequenterei e tornerei a frequentare nelle nostre zone.
Per evidenziare il piacere e la potenza di certe ricette, sottolineo come ogni qualvolta risulti davvero difficile sorvolare i cavalli di battaglia, che qui non sono pochi e che rimbalzano dalle tagliatelle all’ortica con il ragù e i piselli, la cotoletta con l’arvaja, i tortellini in più versioni, la parmigiana reggiana, il coniglio con la polenta fritta. Eppure nelle nuove proposte che ad ogni cambio menù continuano a fuoriuscire non si rimane mai delusi o perlomeno ve la giustifico meglio così : se su quattro piatti tre sono piacevoli, uno non ve lo dimenticherete. Un valore non da poco è sfoggiare signature, ovvero il piatto memorabile, ogni anno.

24 tagliatelle al kiwi 24 mimosa 24 strawberry fields

 

Di braccio, appunto, senza bisogno di riprendere gli archivi, mi ricordo N’Uovo o la caprese rivisitata ad esempio, nell’ultimo biennio. Quest’anno è il turno di Norvegian Mood, di concezione attualissima. Un fake raviolo, serico, di sedano rapa ripieno di caprino/limone/yogurt greco con scarola e alici. In bocca per formosità, morbidezza ed avvolgenza del morso col ripieno non pecca nulla rispetto ad un tortello di pasta all’uovo. Ma ne gode di freschezza e di leggerezza, rendendosi una ricetta inclusiva tra vegetariani-salutisti e buongustai. Segue il PaSTRIAmi, manzo marinato pastrami con cetrioli in osmosi con anice stellato mayo aromatizzata alla senape, ad approcciare quella gioiosa alchimia tra freschezza, poli consistenza, pungenza, racchiuso da una fetta di stria che ne rimodella la tempra della piadina con la croccantezza di un carasau. Piatto funky che avvicina con l’idea di street food su lavorazione gastronomica. La portata più difficile ed eseguita benissimo è la Tagliatella Indomabile, pasta Carla Latini eccelsa protagonista in cultura da cottura per la masticazione, armonizzata da vegetali cotti, legati (ed è fondamentale) da salsa alla melanzana e soia, per un primo piatto super estivo.
Infondo, nel fritto di calamari con la maionese profumata hm c’è tutta la passione, l’amore per la riviera romagnola e tutta la consapevolezza su cosa non va in quei fritti stucchevoli che ingurgitiamo ad ogni estate sulla battigia (nei locali pop, sia chiaro). La leggerezza è memorabile per un fritto che non ha nulla da invidiare a quelli del “fritto imbattibile”. Sul capitolo dessert purtroppo sono di parte, adoro la personalità ed il gusto orientato verso il dolce di Borsarini su questo comparto. Mimosa al bicchiere composta da ciambella morbida cotta al vapore, ananas alla salvia che provoca e rinfresca, sciroppo al rhum che aromatizza e delizia ed una sontuosa chantilly si fa valere al pari del Strawberry Fields, dessert elettrico e mnemonico. In sala Marco e Concetta sono una sicurezza e si muovono con una bella grinta anche i giovanissimi. Si beve sempre benissimo e con interesse, pescando da una carta snella che adora aggiornarsi ed accontentare tutti i target. D’altronde per strizzare l’occhiolino allo chef, se Bowie potesse salire ancora sui palchi o lanciare dei dischi in radio, non radunerebbe mai un pubblico stanco ed omogeneo.


RISTORANTE LA LUMIRA
Corso Martiri 74, 41013 Castelfranco Emilia (MO)
059926550

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