Sei qui: Gourmettoria Cultura e materia prima al centro : dalle origini il cuoco che guarda sempre avanti | Ristorante Scaccomatto
un'idea di: Marco Salicini
Si potrebbe considerare una delle testimonianze più attuali della cucina odierna? Assolutamente sì.
Mario Ferrara, uno dei volti più conosciuti della ristorazione locale, in tempi non sospetti ci ha già parlato del legame corrisposto che coinvolge tradizione-innovazione e contaminazione. Quando più di trent’anni fa s’inserì nel cuore di una delle città più ortodosse ed ancorate alla propria tradizione gastronomica ad esempio, dando un valore alle verdure e nel corso degli anni, interfacciandosi con altre culture, mostrando una curiosità in perenne movimento, suscettibile ad aggiornarsi, ad incuriosirsi, mutuando alcuni ingredienti per poi renderli compartecipativi nella sua cucina. Dogmi e pre concetti vengono attribuiti solamente dal punto di vista figurativo e professionale del cuoco convivendo con un’apertura mentale ed antropologica che lo porta oggigiorno a viaggiare ad apprendere, a scovare, rimettendosi costantemente in gioco, riuscendo a captare (e in questo caso mestiere ed intelligenza rappresentano un binomio formidabile) quali aspetti o quali componenti extraterritoriali possono essere sensatamente in grado di rompere le barriere, interfacciandosi sensibilmente con i tratti toponomastici ed ancestrali della sua cucina.
Alici, panzanella e mostarda piccante, canocchie e fichi d'india, seppia e mandorle / Mario Ferrara
Mario Ferrara rappresenta il più ideale ambasciatore di due regioni : in primis la terra natale della Basilicata, isolata e gelosa delle proprie tradizioni ed in secundis quella emiliana, rigorosamente dipendente e vanitosa dei sapori primigeni. Alle spalle di questa souplesse, rimane impresso il fiero, atavico ed orgoglioso richiamo alle origini lucane, radicalmente connesso nella stragrande maggioranza di questi piatti “evoluti”, sorgente di pathos ed identità, in un menù dall’inossidabile forza materica, deflagrando terra e mare in un convivio sentimentalmente vivo e nitido su ogni piatto. La materia prima respira, espande luminosamente i suoi colori, irradia la sua giovinezza salubre e cromatica grazie al ragguardevole e puntiglioso foraging condotto sulle risorse di carni, pesci e varietà di ortaggi, coltivati dall’orto di proprietà lasciando il comando al clima e all’energia delle stagioni. La biodiversità contamina, inalterando la purezza dell’ingrediente nel piatto : la semplicità più netta ed espansiva dell’ingrediente diviene aulica grazie a quelle sapienti e propedeutiche cotture impeccabili nel saper estrapolare i nettari più fulgidi del dna dell’alimento, creando flussi cromosomici d’immensa letizia.
Sgombro, verdure di stagione, salsa al miele e soia / Garusoli solo il frutto con burro salato, polentina morbida e olio di peperoni cruschi
Lo si evince dall’ouverture con l’eterna ed imprescindibile panzanella, ricoperta dall’alice traslucida e dal timbro piccante della mostarda; dalla fragrante viscosità della seppia correlata al croccante della mandorla, dalla pulizia della canocchia approcciata ai fichi d’India. Segue l’intensità dell’affumicatura dello sgombro da intervallare con la piena riconoscibilità estasiante delle verdure sul piatto : il broccolo che sa di broccolo, il cavolfiore che sa di cavolfiore, manifestati col rispetto delle consistenze più vivide ed identitarie su cui si ripassa l’umami della salsa di mieie e soia. L’altra etichetta dello chef, dal tepore affettivo, è un piatto fortemente sincronico e complementare : garusoli solo il frutto con burro salato su polentina morbida e olio di peperoni cruschi, unicum di terra e mare, efficace, minerale, piacevolmente melmoso, amabilmente - ancora una volta -piccante, sentore che inspiegabilmente è sulla via del tramonto nei percorsi a degustazione.
Plin ripieni di parmigiano e cipolla, funghi e mandorle tritate / Orecchie e piedini di Mora Romagnola ceci e lumache piatto dedicato a Christina ed Alexdel ristorante "I"Aliança d'anglès 1919
Il piacere, corroborante, arriva sui primi piatti : bilanciati, armonici, concettualmente scibili mai ruffiani.
Plin ripieni di parmigiano e cipolla, funghi e mandorle tritati, un test dello chef durante una nota esterna a Torino, rivelatasi uno di quei piatti che considero “definitivi”. L’effluvio folgorante di profumi è un altro aspetto che divampa su tutte le portate. Questo effetto sciamanico retrolfattivo si mette in luce anche nei fusilli intensamente piccanti con salsa acida ai ricci di mare, cucendo uniformemente la cottura della pasta, allappante, al dripping, per approvvigionare un increscendo salmastro, iodico, acido, pungente in netta espansione durante l’assaggio.
Ad Alex Carrera e Cristina Feliu dell’Alianca 1919 viene dedicato un grande piatto che riassume tutti quei concetti analizzati precedentemente : orecchie e piedini di Mora Romagnola, spinaci (la parte vegetale varia a seconda della periodicità), ceci e lumache. Terrosità disarmante, limoso, erbaceo, calloso e soprattutto unificante per l’insieme di consistenze; come per tutti gli altri piatti la leggerezza è sublime. La citricità del sorbetto al mandarino potrebbe farci credere che nel retro bottega crescono alberi da frutta. Piacevolissimo il cuore cremoso della lemon tarte nel contemplativo saliscendi di temperature col gelato al sambuco e terra di olive. In sala dopo l’uscita dalle scene di Enzo Ferrara, per anni emblema della sala è arrivato il figlio dello chef Simone, per anni da Massimiliano Poggi a Trebbo di Reno e con il figlio dello stesso, protagonista per cento giorni nella trattoria lucana all’interno di Fico. Oltre all’inappuntabile garbo e dedizione rivolta al tavolo, un appunto va fatto su una carta dei vini che ha tanta voglia di crescere e migliorarsi e che già attua scelte di qualità, mirando ad accantonare le etichette più mainstream. In attesa del ritorno agli Orti di via della Braina con l’avvento della bella stagione, dove la cucina dello Scaccomatto in versione più semplice viene portata sotto le stelle ed anticipata da rassegne politematiche. Ritengo che Mario Ferrara valga molto di più di uno stimatissimo chef in regione : le incursioni dall’estero, la valorizzazione della materia vegetale ed il marcato richiamo alla territorialità ed alla cucina delle origini ne tracciano un identikit mai tanto contemporaneo; appurando che bisognerebbe mettere in secondo piano l’anagrafe, d’innanzi ad una mente che viaggia a mille ed un locale che semplicemente profuma di casa.
Sorbetto al mandarino / Ricordo francese, lemon parte, gelato al sambuco, terra di olive
RISTORANTE SCACCOMATTO
Via Broccaindosso 63
051263404