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un'idea di: Marco Salicini

 

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Più che un modello, il Ristorante Cavallino è un monumento della ristorazione emiliana presente e futura. Della dedizione minuziosa e della profondità culturale che Massimo Bottura sta spalmando in tutti i suoi progetti post – francescana ne abbiamo ampliamente parlato, il cuore pulsa con particolare emozione campanilista in casa Ferrari : un omaggio celebrativo esposto con incredibile vigore ed assoluta ammirazione per la Rossa, tradotta in quel binomio motori e gastronomia condotto alla gloria nell’epicentro della Food Motor Valley. Vi avevamo raccontato ed introdotto il progetto ed i suoi protagonisti : http://www.gourmettoria.it/345-ristorante-il-cavallino 
oggi si rimane esterrefatti dal manifesto antropologico girato in questo luogo, posto proprio dinanzi alla casa della Ferrari, laddove le fiamme del josper manovrato con dimestichezza dallo chef Riccardo Forapani sono sincronizzate ai motori incandescenti della scuderia di Maranello.
L’atmosfera inneggia un’accoglienza speciale, in un microcosmo unificato da un unico stemma, capace con quella sensibilità rara, appartenente a Bottura come a pochi altri, di edificare due mondi sulla medesima scia. La ristorazione del futuro rispettosa del passato parte da qui, ospitando un ambiente che risulta essere luminoso, confortevole, familiare ed al contempo sobriamente elegante e ricercato; architettura e design impeccabili e co penetranti, dai cimeli ad iconografie mai scadenti e stucchevoli, laddove le porcellane di Richard Ginori incontrano il gusto della designer India Mahdavi, fuoriclasse internazionale deducibile nella simmetria plastificata dal suo gusto a : carte da parati, cromatismi riconducibili (il rosso Ferrari, il giallo e l’azzurro modenesi), riquadri, cucine a vista ed ambienti politematici tra cui privé nella sala grill, terrazzo, dehors e sale da pranzo. Nel colpo d’occhio non è mai tatuata l’invadenza di un pistone o di un modellino, quasi non ce ne se accorge, rimanendo però estasiati e consapevoli di ciò che ci circonda, dove ci si trova, inorgogliendosi della bellezza emiliana.

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Gli ambienti del Cavallino. Ph Credits : Ristorante Cavallino Maranello


Altrettanto solare, amichevole, rilassante seppur altamente professionale è il servizio , capitanato dal sorriso raggiante del restaurant manager Luis Diaz, talento unico e raro nella sala dei giorni nostri, capaci di assecondare e scandire i tempi, rassicurare i clienti e districarsi in quei servizi tra carrello – complementi e suppellettili che tanto richiamano, con modalità moderne – il grande piacere classicista di sentirsi al ristorante, emerso durante gli anni d’oro della cucina italiana. Laddove quindi gli anni ’70 vengono restaurati nel layout degli ambienti e nella traccia dell’arredamento, simultaneamente il groove della cucina reinnesta l’ossatura trionfale dei piatti nobili, configurando un giro tondo d’emozioni. L’interfaccia è un omaggio al passato appurato in grande stile macrocosmico, trovando nel menù quella precisione idilliaca ed inflessibile targata Bottura.
Ma dopo il lungo corso che ha elevato l’Osteria Francescana in cima al mondo, chef Forapani ne esce sì – da quella magica brigata - riflettendone lo stampo ma accelerando ad ogni cambio di menù la propria personalità applicata a doti tecniche da campione del mondo.
Avanguardismi stilistici e destrezza massimale in cottura orientati alla godibilità ed al gusto popolare e comprensibile, laddove trovare errori o sincretismi sbilanciati tra gli ingredienti è pressoché impossibile. Quando Bottura al debutto del Cavallino parlava di “una cucina della nonna, rientrata a Maranello dopo due anni sulla luna”, ha preannunciato l’ennesimo testamento pioneristico.
A redigere una carta dei vini completa ed importante, coordinando e replicando, charme ed atmosfera del servizio sono Denis Bretta, Andrea Saccogna (come Diaz, vincitore di Emergente Sala) e la sommelier Silvia Campolucci.

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Amouse Bouche, gnocco fritto, crème caramel al Parmigiano Reggiano

Il gnocco fritto serico, areoso, delineato da flessibilità e finissima croccantezza funge da passe-partout accudendo nell’impasto un velluto di lucida grassezza iper scioglievole selezionato dalle lunghe stagionature del prosciuttificio Leonardi. Il bon bon sferico sfalda la sua superficie gommosa con un ripieno ricco ed ampolloso corrisposto da bollito, mostarda, mele, peperoni e salsa verde a cui segue tra gli appetizers dell’entrée, le croccanti puntarelle con polvere di olive, maionese ed acciughe. Impossibile resistere alla Bakery della scuola Francescana che a profusione apparecchia sulla tavola pani a lievito madre profumatissimi, crescente serafiche e golose e grissini all’olio extravergine tirati a mano imperfettibili, abbagliando per tempi di lievitazione, cottura, equilibrio di sale e tepore.
Signature dish vincente ed inspodestabile è il crème caramel al Parmigiano Reggiano, nonché una frittata di parmigiano 36 mesi e cipolle in creme caramel, con riduzione di cipolla caramellata ed Aceto Balsamico Tradizionale 12 anni di Villa Manodori targato Massimo Bottura a creare un capolavoro di umami capace di estasiare all’infinito un palato straniero, eccellendo peraltro per testura ricavata dalla sinassi tra frittata (nella percettibile patina brulée) e crème caramel. Tra i piatti migliori di sempre, le lumache glassate al Nocino con rognoncini di coniglio e lattuga salanova stufata, incanalando la mineralità di un piatto complesso per la caratteristica degli ingredienti, aggiustato peraltro da accorgimenti propedeutici che ne detonano la persistenza giocando su texture e nuance più dolci, allietanti.
D’altrettanta compiutezza e inattesa letizia, le spugnole, umide e rugose, farcite con capasanta in chiave di recupero e lardo per spronarne la delicatezza ed arrotondarne l’assaggio, alla base una ceviche d’asparagi defaticante che ne richiama la terrosità, apostrofando una pulizia magistrale all’antitesi di sentori amarognoli o astringenti.

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Lumache, Spugnole, Sfoglio.

Dopo aver osannato le memorie domenicali tra rosette e scrigno di tortellini, la preview ulteriormente eterea è Sfoglio. Inevitabile il richiamo alla mitologica lasagna della Francescana modellata sulla crosta e sul crunch dei bordi, in questo caso viene sagomata da una sfoglia aperta, un ricamo che inneggia l’acquolina della domenica, riesumando sensazioni di gola eidetiche-evocative. La lasagna aperta è ripiena di un ragù di quinto quarto strepitosamente succulento e spuma di latte tostato a redarguirne i sentori, alleggerendo i lipidi annessi alla besciamella.
Apicius riprende l’idea antesignana di Marco Gavio Apicio, uno dei primi gourmet gastronomici romani, allora i romani ingrassavano i maialini con fegato grasso, datteri e noci. In questo caso il maiale è riempito con foie gras, datteri, nocciole e mostarda hm. La cottura al Josper è taumaturgica : la cotenna accentua la salivazione con la sua infallibile croccantezza, il grasso ultrascioglievole è un gaudio per la masticazione, le carni tenere e succose pienamente rosate accolgono un ripieno lussurioso che unifica dolcezza, ferrosità e croccantezza in un bengodi da banchetto reale, idolatrato dallo chef che ne spignatta, sporziona e termina la preparazione sotto gli occhi rapiti dei commensali. Sparring partner i saporitissimi vegetali ripassati al josper che ripuliscono dalla grassezza, pur sempre stimolando il palato grazie ad una texture graffiante.
Ed è ancora l’umami ad essere protagonista nell’anguilla cotta prima a bassa temperatura e poi al josper per detergere gli umori primigeni più grassi e terrosi recuperandoli tra le fiamme, in combo ad un sontuoso burro montato, Parmigiano Reggiano 72mesi, caviale calvisius e melograno per un assuefacente dolcezza e salinità tramata su misura.

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Anguilla, Maialino Apicius al Josper, Carrello dei Formaggi. In basso chef Forapani, Zuppa Inglese e Gelato

Il break prima dei dessert da orbita, nel carrello dei formaggi, fregiato dei migliori produttori artigianali dello Stivale, assemblato dal tronchettino di capra locale affinato nel carbone vegetale, nel cerato romagnolo d’appennino massaggiato con spezie e immerso cera d’api per ricordare un caprino realizzato in realtà con latte di vacca, la toma della valsesia a pasta cotta d’alpeggio, l’erborinato sancarlone con caffè, il parmigiano dalle lunghissime stagionature, mostarde – confetture e miele fatte in casa a piacere giocano da rinforzo o in contrasto ai prodotti caseari più spinti e speziati. La rivisitazione della zuppa inglese è uno dei dessert della vita : sfera al cacao, da cui nel crash al cucchiaio divampa la crema alla vaniglia, il cuore all’alchermes ed il brownie alla base, nel bricco la bagna all’alchermes diventa quasi protagonista stimolando il ricordo istintivo atavico; ovviamente in questo caso, l’analisi dettagliata in preparazione ne censura completamente l’invadenza alcolemica raggiungendo un equilibrio sbalorditivo in termini di zuccheri, aromi e consistenze. Da una mastodontica Carpigiani, fuoriesce un voluttuoso gelato alla vaniglia da prendere a cucchiaiate, a piacere si può guarnire con liquore al cioccolato servito a parte piuttosto che con le nocciole sabbiate, talmente sfiziose da perdere completamente “la razio”.
A due anni dall’apertura del Cavallino, Forapani e tutta la brigata sono riusciti a disimpegnarsi all’interno di uno scenario gastronomico che registra coperti XXL, ridimensionando i sapori e le ricette emiliane più autorevoli e scibili attraverso un lessico ancora più imponente che lascia il segno di vivere la grande emilianità di oggi e del domani. E’ provocatorio e rischioso testimoniarlo lo so ma al termine del menù, ciò che domava il registro delle nostre papille da una vita diventa reminiscente e viene ricodificato.

23 forapani 23 zuppa inglese 23 gelato
RISTORANTE CAVALLINO MARANELLO
Via Abetone Inferiore 1, 41053 Maranello (MO)
0536944877
https://www.ferrari.com/it-IT/ristorante-cavallino 

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